di Beatrice Covassi (*)
Gli undici capi dell’ultradestra europea sono arrivati a Milano, città Medaglia d’oro della Resistenza. Sono arrivati lì, chiamati dal leader leghista di casa nostra, per chiedere di votare per loro alle ormai vicinissime elezioni del 26 maggio, perché loro dell’Europa romanamente “se ne f…”, anzi, vogliono tornare alle nazioni con tanto di muri, monete, confini, filo spinato. Accolti dagli antifascisti e dagli antirazzisti che, in questi strani giorni provano ad esprimere il loro dissenso anche con quelli che sono ormai diventati i “lenzuoli della libertà”.
Il pericolo vero e la speranza.
Pochi giorni e sapremo se questa campagna elettorale che decide il destino dell’Europa e di tutti noi, ci avrà portato verso la messa in discussione di 60 anni di pace o ci avrà restituito la speranza di realizzare, partendo anche da tutto quello che si è sbagliato, una vera Unione sociale, vicina ai cittadini che la compongono.
La mia esperienza di Capo Rappresentanza della Commissione Europea in Italia, diventata in un mese candidata alle elezioni del Parlamento Ue, pur mentre Milano si riempie di volti sovranisti, mi dà un filo di ottimismo.
Se mettiamo in conto che i nostri media, vecchi e nuovi, si occupano esclusivamente di politica interna, se aggiungiamo che le regole per le elezioni europee, qui in Italia, non sono fatte per far avvicinare gli italiani all’Europa: – circoscrizioni enormi, candidati ricandidati che si fanno rivedere nei territori dove non vivono una volta ogni cinque anni – questo mese tra Lazio, Toscana, Marche e Umbria è la prova che abbiamo bisogno di Europa e che siamo disposti a re-innamorarci.
Le piccolissime, piccole e medie imprese delle Marche; le onlus che si occupano di migranti, di richiedenti asilo, di donne maltrattate da Massa Carrara a Porto D’Ascoli; i circoli del Pd da Recanati a Roma; la Caritas di Firenze o la folla raccolta da Demos a Sant’Egidio a Trastevere; chi vive ancora nei camper a Tolentino a quasi tre anni dal terremoto o la scuola europeista di Bassiano, i piccoli comuni da San Giustino in Umbria a Monte Vidon Combatte nel maceratese…urlano a gran voce che l’Europa è casa nostra e che senza, rinchiusi nella nostra pur bellissima Italia saremmo più poveri e più insicuri.
Varcando le soglie di questi luoghi e che sono soltanto alcune delle tappe del mese on the road, ho sentito trasformarsi l’iniziale freddezza e diffidenza in interesse e poi voglia di combattere insieme per non tornare indietro, ma soprattutto per andare avanti.
E dunque non basta più l’unione monetaria, non ci vuole soltanto un Draghi che con il Fiscal Compact cerca soluzioni a una crisi che ci ha impoveriti e incattiviti, serve chi avvii un Social Compact che attraverso l’economia civile e il volontariato si occupi dei più deboli.
Non basta mettere a disposizione dei milioni in fondi strutturali se i piccoli e medi centri hanno difficoltà ad accedervi per mancanza di esperti in europrogettazione.
Non basta chiedere ai cittadini di votare se il Parlamento non ha potere legislativo o se il presidente della Commissione Ue non è scelto dagli elettori. Non basta aver creato questo meraviglioso scambio di esperienze e cultura qual è Erasmus se non si allarga anche a chi studente non è.
Non basta continuare a parlare di valorizzazione delle donne se non si crea un’Autorità europea per la parità di genere alla quale affiancare, più in generale, un organo di vigilanza che eroghi sanzioni a chi non rispetta i diritti umani.
Il sogno dell’Europa
Abbiamo tanto da fare per migliorare questa Europa che è stata il sogno, molti anni fa, dei padri fondatori. Ma poi ci ha visti donne, uomini e giovani felici di attraversare frontiere senza passaporto, di prendere una sola moneta al bancomat, di essere un solo popolo di un grande e pacifico continente. A loro, dobbiamo l’impegno di non tradire, se ce la daranno di nuovo, la fiducia di realizzare una Unione vicina e amica. Davvero.
(*) già Capo Rappresentanza Commissione Ue in Italia, candidata PD Italia Centrale