di Stefano Ceccanti
Bene la Corte sullo sbarramento: una sentenza rispettosa del legislatore e dell’importanza delle elezioni europee.
La sentenza della Corte costituzionale sullo sbarramento nella legge elettorale europea, di cui sono stato relatore al Senato dieci anni fa, rappresenta un passaggio importante nei rapporti tra Corte e legislatore, nonché nel sistema istituzionale europeo e, indirettamente, anche in quello italiano.
1.
In primo luogo, tra Corte e il legislatore perché rispetta i margini di scelta che il Parlamento ha, anche sulla base della normativa europea compresa quella introdotta nei mesi scorsi, che rende obbligatorio lo sbarramento nei Paesi medio-grandi per superare un’infelice sentenza della Corte tedesca che lo aveva eliminato in quel paese.
Un cattivo precedente, pur di una Corte molto autorevole, non va mai seguito.
2.
In secondo luogo, nella visione delle istituzioni europee perché la Corte tedesca, per eliminare lo sbarramento, aveva ridotto l’importanza delle elezioni europee e del rapporto fiduciario tra Parlamento e Commissione, in una mentalità tutta solo intergovernativa.
Per la Corte tedesca lo sbarramento andava messo solo per le elezioni importanti, quelle nazionali. Vedremo le motivazioni ma, di fatto, la Corte italiana ha affermato il contrario.
La democrazia non è solo quella che si esprime con le elezioni nazionali. La Commissione europea non è fatta di burocrati, ma, pur con i limiti degli assetti attuali, deriva da un processo democratico. Ogni Governo della zona Euro, aderendo a tale realtà e finché ne vuol far parte, risponde sia ai suoi elettori e parlamentari sia alle realtà istituzionali dell’Unione.
3.
In terzo luogo questo evita, indirettamente, lo sfarinamento del sistema politico italiano e il rischio che di fronte ai due populismi di governo, prevalgano solo spinte minoritarie e frazionistiche.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.