di Francesco Gastaldi
Dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, il tema dell’adeguamento e ritardo infrastrutturale nel nostro Paese è tornato di attualità.
Infrastrutture: una crisi delle strategie di sviluppo
Il disastro ha sollevato un ampio dibatto sullo stato del nostro patrimonio autostradale e sul suo grado di sicurezza, esso risale in gran parte agli anni Sessanta del secolo scorso per cui si tratta di opere che pongono molti interrogativi dal punto di vista manutentivo e gestionale, tenuto conto delle tecniche e dei materiali di costruzione di quel periodo.
La crisi che attraversa il paese non è soltanto economica e finanziaria, è anche, soprattutto, crisi della capacità di individuare scenari strategici di sviluppo nel medio e lungo periodo, questo si evidenzia in modo particolare nel settore delle reti infrastrutturali. Rispetto agli altri paesi europei il ritardo accumulato nella realizzazione di grandi opere negli ultimi decenni, è uno dei fattori che maggiormente influiscono sulla competitività dell’intero sistema paese.
Tempi certi e investimenti privati
Il fatto che molti progetti non si realizzino (o si realizzino in tempi lunghi e gravi ritardi) dipende dall’interazione di molti fattori: inerzialità dei processi decisionali, lentezze burocratiche, incertezze sui processi di autorizzazione, ricorsi sul sistema di aggiudicazione degli appalti e opposizioni dei comitati di cittadini. Ovviamente il tempo è una variabile rilevantissima: più il tempo si allunga, più è probabile che mutino gli attori coinvolti, o che cambino le condizioni economiche o le disposizioni legislative. Se la pubblica amministrazione (anche in forma di dialogo fra diversi livelli istituzionali) non è in grado di garantire tempi certi e regole chiare, l’attore privato non potrà rispettare i costi. Inoltre, non avendo dei tempi certi, il rischio del finanziamento tenderà ad aumentare, comportando un costo maggiore nella costruzione dell’opera (IBL 2010, pag. 122) o una minore propensione dei soggetti privati ad impegnarsi.
Riassumendo si può dire che in una situazione di carenza di risorse pubbliche, è necessario intercettare investimenti privati (operatori bancari, fondi di investimento), ma questi saranno disponibili solo in presenza di una certezza sui tempi.
Processi decisionali diversi per le grandi opere
Poco si è riflettuto sul fatto che la forma e la natura dei processi decisionali in caso di realizzazione di grandi opere infrastrutturali devono essere molto diversi da quelli adottati in altre procedure amministrative ordinarie. La confusione di ruoli e di poteri che, per decenni, ha interessato il settore infrastrutturale in Italia si è a sua volta tradotta in una minore competizione, e un minor livello di investimenti.
Spesso ipotesi di nuove reti infrastrutturali hanno evidenziato presunzione di consenso o un’errata valutazione dei problemi di consenso da parte delle istituzioni pubbliche. Spesso i progetti infrastrutturali sono scaturiti da “segrete stanze” in una logica tipicamente top-down(che oggi si credeva superata) senza adeguate procedure di coinvolgimento di soggetti e attori locali (istituzionali e non istituzionali).
Oggi in Italia, nonostante la scarsità di risorse finanziarie, il problema principale è spesso rappresentato dal consenso. La molteplicità degli attori e delle rappresentanze locali presenti in un territorio possono dare o togliere consenso ad un progetto e ai suoi promotori. Può essere che tutte le altre risorse (finanziarie, giuridiche e legali della pubblica amministrazione) siano a disposizione e perfettamente coerenti fra di loro, ma se manca il consenso il progetto non si attua.
Strumenti per allargare il consenso
Molti progetti non si realizzano, o hanno battute d’arresto, spesso non si vede la fine dei progetti. Per superare questo stato di “empasse” servono strumenti che permettano di prendere decisioni strategiche che siano allo stesso tempo legittimate ed efficaci, strumenti in grado di garantire, sin dalla fase di progettazione, una maggior partecipazione dei cittadini ai processi decisionali delle pubbliche amministrazioni. I tempi certi possono derivare solamente da modalità di inclusione predefinite attraverso percorsi aperti, strutturati e trasparenti, responsabilità chiare e condivise. “Un processo aperto, regolato e trasparente può aiutare tutti gli attori in campo a definire con maggior precisione le proprie preferenze” (Testa 2008).
È inoltre essenziale aumentare l’efficienza pubblica per diminuire il rischio nelle fasi di progettazione, costruzione e gestione delle opere infrastrutturali. Le procedure autorizzative dovrebbero essere più snelle (e certe) perché, se caratterizzate da mancanza di trasparenza e incertezza dei tempi, aumentano i rischi degli attori privati che di conseguenza investiranno molto meno nelle opere infrastrutturali (IBL 2010, pag. 122)
Bibliografia
Istituto Bruno Leoni, Rapporto sulle infrastrutture in Italia. Le infrastrutture autostradali, Milano, 2010
Testa C., Basta veti, un manifesto per decidere, Il Riformista, 27 marzo 2008
Francesco Gastaldi (1969) è Professore associato di urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia. È stato ricercatore presso la stessa università nel periodo 2007-2014. Laureato in architettura presso l’Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in pianificazione territoriale e sviluppo locale presso il Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra ad oggi. Partecipa a ricerche MIUR e di ateneo, ricerche e consulenze per soggetti pubblici e privati.