di Umberto Minopoli
Sia Italia che Germania riconoscono che aver portato la dipendenza dal gas russo ad oltre il 40% delle importazioni è stato un errore storico, strategico ed economico. Che ha reso questi due paesi un unicum in Europa e tra i paesi industrializzati. Non solo dipendenti dalla Russia, ma dalla volatilità dei prezzi del gas. Che causa inflazione e prezzi alti dell’energia per famiglie ed imprese.
L’errore storico andrebbe corretto con una strategia di sostituzione di tutto o gran parte del gas russo importato. La Germania rifiuta questa scelta. A costo di sembrare la più tiepida nelle sanzioni alla Russia. L’Italia è più attiva nella ricerca di fonti alternative, ma condivide la ritrosia tedesca: l’embargo al gas russo è difficile e costoso. Tutti sperano di non arrivarci.
Ovviamente, è auspicabile. In ogni caso potrebbe, invece, essere una scelta obbligata. In ogni caso il mix energetico di Germania e Italia andrebbe corretto: la quota di gas nel sistema energetico dei due paesi deve, obbligatoriamente, calare. Se non per la dipendenza dalla Russia per gli obblighi della decarbonizzazione. Che nessuno dei due paesi ha revocato.
E qui emerge l’impotenza, la contraddizione, il blocco psicologico e la dipendenza culturale dei governanti italiani e tedeschi dai totem ideologici.
Né i ministri italiani e né quelli tedeschi riescono a dirci quale è la ragione pratica per non fare la cosa più ovvia: tornare, nei due paesi, alla produzione di una quota dì energia prodotta da fonte nucleare.
I governi dei due paesi rimuovono e si limitano a non pronunciare il termine. È una manifestazione di subalternità alle pregiudiziali e all’insipienza (oltre che ai profani interessi dei sostenitori delle energie fossili) del passato. Che, reiterati oggi, portano a ripetere l’errore strategico – privarsi, unici al mondo, di una quota di energia nucleare – che ha reso le due economie le più fragili, energeticamente, e le più dipendenti dai gasdotti siberiani.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.