Presentazione di Stefano Ceccanti alla Lectio Magistralis tenuta da Giorgio Napolitano il 14 febbraio 2006 su: “IL PARLAMENTO ITALIANO A SESSANTA ANNI DALLA ASSEMBLEA COSTITUENTE”
L’intervento di Napolitano è scaricabile da questo link: napolitano_lectiomagistralis
Tre mesi prima di essere eletto per la prima volta Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano pronunciò al Master in “Istituzioni Parlamentari ‘Mario Galizia’ per consulenti d’Assemblea” all’epoca in “Istituzioni parlamentari europee e storia costituzionale”, questa brillante lectio magistralis, organizzata dall’allora Direttore del Master e Preside della Facoltà, il Professor Fulco Lanchester. Un lascito prezioso e quanto mai attuale, che per tanti aspetti parla da solo. È un testo tanto profondo quanto semplice nella sua redazione e, quindi, nella sua comprensione.
Mi limiterò semplicemente a qualche chiosa, giusto per far capire quanto il suo pensiero sia, a maggior ragione oggi, attuale.
Napolitano si iscrive pienamente in una logica di revisionismo della parte organizzativa della Carta nella continuità coi principi fondamentali, sfuggendo da una parte a quel rigido conservatorismo che collega in modo troppo stringente i Principi con le concrete forme scelte allora e, dall’altra, ad alcune ipotesi di riforma non ben meditate e unilaterali, che non considerano il vincolo permanente coi principi.
Il punto chiave della lettura offerta in quella occasione da Giorgio Napolitano è che i Padri Costituenti ebbero piena coscienza dei problemi che si sarebbero posti con una forma di governo debolmente razionalizzata, eludendo l’ordine del giorno Perassi pur approvato dall’Assemblea. Ciò avrebbe trovato le sue ragioni in limiti politici allora non superabili, ossia i riflessi interni della Guerra Fredda che portavano ad una sfiducia reciproca rispetto al futuro. Un monito coraggiosamente affermato da uno tra gli esponenti del Pci che comprese in modo corretto la ricostruzione di Leopoldo Elia sulla conventio ad excludendum nei confronti del principale partito della sinistra: non come un atto arbitrario, ma come effetto di una scelta sbagliata di quel partito, di un’autoesclusione da cui uscire quanto prima, aderendo convintamente all’europeismo e all’Allenza Atlantica, ricongiungendosi coi grandi partiti socialisti e socialdemocratici.
Proprio l’Europeismo e l’atlantismo furono alla base del suo mandato e furono anche ragione della sua successiva rielezione per un secondo mandato ad amplissima maggioranza, la prima nella storia della Repubblica e in un periodo particolarmente difficile per l’Italia.
La stessa formula della centralità del Parlamento, spiega Napolitano, portava con sé indubbie ambiguità perché a fianco della volontà di riscattare un’istituzione svuotata dal fascismo stavano le suggestioni di una democrazia assembleare, in cui l’impossibilità dell’alternanza portava con sé, come contropartita, una confusione di ruoli tra maggioranza e opposizione, che non consentiva l’imputazione di chiare responsabilità per le scelte operate.
L’ex Presidente ricostruisce poi le riforme incrementali tese a dare rilievo al principio di maggioranza, prima per via regolamentare e poi anche di legislazione elettorale, recuperando le istanze necessariamente disattese alla Costituente per i decisivi fattori internazionali.
L’esperienza della legislatura 2001-2006 con una riforma costituzionale approvata sin dall’inizio dalla sola maggioranza parlamentare, fatto quanto mai anomalo, lo spingeva a chiedere alle forze politiche di ribadire l’importanza del principio maggioritario, come elemento di chiarezza e di assunzione di responsabilità distinte e alternative, ma, nel al contempo, ad accettarne i limiti, espliciti e impliciti.
Non appariva affatto fisiologico a Napolitano il passaggio da forme di democrazia assembleare all’eccesso opposto di contrapposizione cieca.
Non è chi non veda che a quasi vent’anni da allora questa lettura appaia ancora quanto mai attuale.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.