di Stefano Ceccanti
Rivedremo in questi giorni da più parti le immagini del tenente colonnello Tejero che irrompe armato nell’aula della Camera dei deputati spagnola esattamente quarant’anni fa, il 23 febbraio. A prima vista, soprattutto a chi non conosce la storia di allora, apparirà un episodio grave, ma del tutto velleitario ed a tratti ridicolo, come quello dell’attacco al Parlamento che abbiamo visto recentemente negli Stati Uniti d’America. La Spagna è oggi una democrazia consolidata e quindi questa lettura tranquillizzante sembra essere del tutto ragionevole.
Tuttavia questa razionalizzazione ex post deve essere respinta almeno in parte come semplicistica. Agli innamorati di romanzi storici può bastare per capire il quadro il bellissimo testo di Cercas “Anatomia di un istante”, su cui trovate qui una recensione di qualche anno fa.
L’anno scorso, però, è uscita la nuova edizione del volume storico di Paul Preston “El triunfo de la democracia en Espana” che consente di cogliere in modo ancor più sistematico i punti di forza e di debolezza della democrazia spagnola in quella fase. L’interpretazione complessiva di Preston fa leva sulla “terza Spagna”, quella parte di Paese che voleva superare, integrandosi nell’Europa delle democrazie consolidate, la frattura tra vincitori e vinti della Guerra Civile che invece Franco, nonostante il lifting successivo alla seconda Guerra Mondiale, dopo la sconfitta dei nazifascisti, e contrariamente a quanto sostiene una parte della storiografia di destra, aveva voluto sempre perpetuare.
È grazie a due elementi che la democrazia si stabilizza: dal basso, la terza Spagna, che trascina i vinti del 1936-1939 e larga parte dei vincitori; dall’alto, l a fermezza della Monarchia, che così guadagna una nuova “legittimità di autorità” nonostante che il re Juan Carlos fosse giunto alla Corona voluto da Franco. Grazie ad entrambi i fattori, sociale ed istituzionale, i ripetuti tentativi di golpe, di cui quello del 23 febbraio 1981, fu solo il più noto, falliscono, anche se la situazione era potenzialmente ancora incerta, poteva degenerare in un grave conflitto.
La terza Spagna era silente dopo le prime elezioni democratiche e l’approvazione della Costituzione nel 1978. Quella fase di riflusso, di ‘desencanto’ come veniva descritta allora, talora forzando i toni in senso negativo da parte dei media, portò secondo Preston i militari ad una conclusione erronea, cioè che i cittadini fossero anche disponibili al ritorno ad un passato autoritario. Non era affatto questa la volontà della ‘terza Spagna’, né di gran parte degli atri due campi contrapposti nella Guerra Civile. Ciò non significa però che gli esiti fossero scontati in un senso pacifico e tranquillo. Gli elementi di debolezza sul terreno istituzionale, oltre a quelli specificamente economici prima che l’intervento del Re in Tv alle 1.15 del 24 febbraio non portasse al fallimento del golpe, vengono puntualmente ricostruiti dallo storico inglese,
In primo luogo lo stato confusionale del partito che aveva gestito la transizione, la Ucd di Suarez, un insieme molto eterogeneo quasi come la Dc italiana. Solo che la Dc aveva trovato nell’egemonia comunista a sinistra un collante formidabile, fino a che è durato, mentre qui la leadership riformista di Gonzalez col doppio congresso del 1979 (in cui sbaraglia la componente della sinistra tradizionalista) e col dibattito parlamentare in cui presenta una mozione costruttiva non per vincere in Parlamento ma per presentarsi al Paese come alternativa pronta, è già in grado di attrarre l’elettorato centrista e di accelerare la dissoluzione dell’Ucd. Tant’è che vincerà alla grande nel 1982 e sarà dura per la destra spagnola ricostruire un’alternativa credibile a partire dal partito postfranchista Ap, che poi evolverà nel Pp.
La crisi dell’Ucd porta alle dimissioni di Suarez e alla designazione per mancanza di meglio, del debole, “taciturno”, Calvo Sotelo, un vuoto di potere in cui irrompe Tejero. La Camera stava infatti votando l’investitura al nuovo Governo in seconda votazione a maggioranza relativa, dopo aver fallito la prima a maggioranza assoluta.
In secondo luogo, altra importante debolezza, il ruolo persistente del terrorismo dell’Eta che cercava di provocare nei militari la reazione securitaria in senso opposto e che veniva a sommarsi alle preoccupazioni dei militari e dei settori centralisti per l’avvio effettivo del processo di regionalizzazione, che non è ben delimitato dal testo costituzionale e che è quindi aperto ad esiti politici più diversi. Un nodo tuttora aperto e che genera conflitti in modo ricorrente.
Il 27 febbraio tre milioni e mezzo di spagnoli manifestarono in piazza a favore della democrazia. Furono per Preston la fine del ‘desencanto’. In altri termini Tejero aveva provocato in pochi giorni una gigantesca eterogenesi dei fini: si era mosso seguendo il modello di Pinochet. Mentre parte dei registi voleva utilizzarlo per imporre un governo di emergenza, ma aveva finito per dimostrare il contrario, il radicamento popolate della democrazia.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.