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I paradossi della (post)democrazia

Danilo Di Matteo sabato 16 Dicembre 2023
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di Danilo Di Matteo

 

Gli interventi di Giovanni Cominelli e di Carlo Fusaro, in apparenza lontani, si occupano degli aspetti paradossali della (post)democrazia.

È infatti il principio liberaldemocratico dell’eguale rispetto per ciascuna e per ciascuno che, preso e interpretato in modo piatto e meccanico, porta agli eccessi e alle degenerazioni del “politically correct”. E, di paradosso in paradosso, si può approdare all’opposto della lettera e dello spirito di quel principio: tale è l’antisemitismo. Una contraddizione rispetto allo stesso “politically correct”. 

E, per dirne un’altra, il free speech, che fa della libertà di parola non solo un diritto bensì anche una virtù, può contraddire e contrapporsi alla sua stessa matrice liberale e democratica. Per non parlare delle varie letture “contestuali” dei fatti e delle situazioni: sono propri dello spirito empirico e liberale e della stessa matrice anglosassone della democrazia contestualizzare e scorgere ogni cosa in riferimento, in relazione (il relativismo) alle altre. E tuttavia, estremizzando ciò, si smarrisce ogni coordinata, si perde la bussola.

Come non ricordare il vecchio paradosso di Böckenförde, secondo il quale lo Stato liberal-democratico vive di presupposti che non può difendere?

E, con la lucida riflessione di Fusaro, dal paradosso si può forse passare all’aporia. È arduo, come nota l’autore, rafforzare le nostre democrazie zoppicanti limitandosi a invocare partiti più forti, autorevoli e responsabili. Occorrerebbero regole. Regole volte a garantire delle democrazie governanti. Ma chi può scriverle, se non le stesse forze politiche? E, trattandosi delle regole del gioco e quindi di una sorta di prius, non servirebbero un accordo ampio tra di esse, uno spirito costituente, un vero e proprio patto che coinvolga e includa i più? Ecco il punto: saranno capaci di ciò gli attuali soggetti politici? Insomma: credo che la riforma del sistema politico non possa che procedere insieme all’autoriforma delle forze in campo e che a tal fine occorrano il contributo e la spinta dei cittadini. Dal canto nostro dovremmo lavorare tenacemente per un riformismo di popolo. 

 

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