di Amedeo Lepore
Il conflitto in atto in Medio Oriente non ha soltanto messo in piena luce la decennale “guerra ombra” tra Iran e Israele, come scrive il Financial Times, ma è la dimostrazione di un grave inasprimento delle relazioni internazionali e di una destabilizzazione degli equilibri geopolitici mondiali. In questo contesto, il limite tra le azioni di deterrenza basate sulla forza e l’abisso di una guerra aperta di vaste proporzioni si assottiglia sempre più.
Tuttavia, il giornalista Daoud Kuttab su Project Syndicate ha sostenuto che l’attacco inusitato dell’Iran contro Israele e la rovinosa escalation che può scaturirne sono in grado di determinare una svolta per il cessate il fuoco in quei territori, facendoli tornare a un “equilibrio difficile”. In realtà, il tempo della Guerra fredda, conseguenza di un pianeta diviso in due blocchi, era molto diverso da quello attuale, caratterizzato da ostilità diffuse e focolai policentrici.
Gli scontri, anche quelli apparentemente di natura locale, sono strettamente connessi a un quadro generale e, per un errore di calcolo o una provocazione, possono precipitosamente sconfinare in uno “squilibrio del terrore”. Per questa via, che rivela l’interdipendenza dei conflitti e non più solo dell’economia, torna in evidenza, seppure sul versante più negativo, la persistenza di una globalizzazione ineliminabile dallo scenario contemporaneo. È a questo livello che va considerata l’esigenza di una ripresa dell’intreccio tra pace, difesa e costruzione faticosa di un nuovo ordine internazionale.
A questi termini, vanno aggiunti pure quelli di economia e scambi commerciali, che possono rappresentare un elemento di forte convinzione per una competizione fondata sulle convenienze e sulle opportunità di maggiore prosperità, come ammoniva Norman Angell ne “La Grande Illusione”, piuttosto che sulle logiche di guerra e di cieca distruzione. Non si tratta di un rimedio salvifico, ma di un potenziale antidoto contro una deriva bellicista. È necessaria, perciò, una riflessione stringente sulla riforma delle istituzioni multilaterali e, in particolare, dell’ONU, volta a garantire la pace e la sicurezza, per adeguarsi alla complessità e ai pericoli del mondo odierno.
Inoltre, a ottant’anni esatti dalle origini della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, che hanno contribuito alla crescita globale, alla riduzione delle povertà e alla soluzione delle crisi, avrebbe senso perseguire la prospettiva di una nuova Bretton Woods. In questo modo, come hanno indicato Joaquim Levy, Axel A. Weber e Siddharth Tiwari sempre su Project Syndicate, sarebbe possibile promuovere una visione dei beni comuni globali e dell’innovazione del modello di sviluppo su temi quali il cambiamento climatico, le transizioni gemelle, le pandemie e le migrazioni, potenziando le organizzazioni finanziarie internazionali.
Un recentissimo rapporto dell’Economist Intelligence Unit è dedicato a “Cinque rischi globali. Gli scenari geopolitici ed economici che minacciano l’attività economica a livello mondiale”.
-Il primo di questi pericoli è considerato il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, che potrebbe sconvolgere alleanze commerciali e assetti di sicurezza globali, imponendo un protezionismo generalizzato, restrizioni ulteriori alle relazioni economiche con la Cina, una riduzione o un ritiro del sostegno finanziario e militare all’Ucraina, una tensione crescente con gli altri Paesi della NATO, una diminuzione consistente della presenza americana nei contesti più critici del mondo.
-Il secondo è costituito dalla corsa ai sostegni per le innovazioni ecologiche, che potrebbe alimentare la contesa commerciale, esasperando l’interruzione dei traffici con la Cina, acuendo i dissidi con l’Unione Europea, aumentando i costi delle tecnologie verdi e della decarbonizzazione.
-Il terzo è rappresentato dagli eventi meteorologici estremi causati dal cambiamento climatico, che potrebbero arrestare le catene di approvvigionamento e intensificare le pressioni inflazionistiche al rialzo.
-Il quarto è il tentativo della Cina di annessione di Taiwan, che potrebbe portare a un disaccoppiamento globale, danneggiando pesantemente l’industria mondiale.
-Il quinto è il conflitto in atto tra Israele e Hamas, che potrebbe estendersi e coinvolgere oltremodo l’Iran, ampliando man mano gli scenari di guerra e il loro impatto economico e geopolitico.
Inoltre, in “un mercato petrolifero già ristretto”, l’interruzione della produzione di greggio nel Medio Oriente indurrebbe un incremento significativo dei prezzi internazionali dell’oro nero, accentuando il peso del costo della vita. Robert Buckland sul Financial Times ricorda che la prima crisi petrolifera del 1973-’74, associata all’embargo dell’OPEC, ha implicato un’impennata del prezzo del petrolio del 300%. Mentre, la guerra del Golfo del 1990 ne ha raddoppiato il costo. Nella fase immediatamente precedente all’invasione dell’Iraq del 2003, il prezzo del greggio è cresciuto del 20%, ma i relativi guadagni sono stati presto restituiti.
L’invasione dell’Ucraina del 2022 ha provocato un innalzamento del 300% dei prezzi del gas naturale liquido, ritornati adesso ai livelli anteriori. Il conflitto mediorientale, fino a questo momento, ha fatto registrare un effetto attenuato sui prezzi dell’energia, a causa delle nuove tecniche di trivellazione, che hanno permesso lo sfruttamento di vaste riserve di petrolio e di gas nel Nord America. Non è detto, però, che questa situazione possa durare in caso di permanenza o allargamento dello scontro bellico.
Una deflagrazione totale potrebbe essere stata evitata, per ora, ma il rischio costante di un precipizio è lungi dall’essere scongiurato. Questa è un’epoca di grandi turbolenze, perché dimidiata tra possibilità inusitate di progresso e minacce di guerra senza frontiere. Un brano di Paul Eluard, ritrovato in questi giorni nell’incipit di un libro ricevuto in dono, rende bene questi due opposti disegni, in forma poetica:
È la dura legge degli uomini
Mantenersi integri malgrado
Le guerre e la miseria
Malgrado i pericoli di morte
È la dolce legge degli uomini
Cambiare l’acqua in luce
Il sogno in realtà
E gli uomini in fratelli.
È stato assessore alle Attività produttive della Regione Campania. Professore di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli e docente presso il Dipartimento di Impresa e Management della Luiss – “Guido Carli” di Roma. È componente del Consiglio di Amministrazione e del Comitato di Presidenza della SVIMEZ. Ha pubblicato volumi e saggi, in Italia e all’estero e di recente: La Cassa per il Mezzogiorno e la Banca Mondiale: un modello per lo sviluppo economico italiano, Rubbettino; Mercado y empresa en Europa,Universidad de Cadiz