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di Umberto Minopoli

 

Ci sono alcuni luoghi comuni che bloccano il Pd, lo immobilizzano, lo frenano e costituiscono un vantaggio per il governo gialloverde.

 

L’alleanza con Forza Italia

Il primo e più consistente: dipingere il centrodestra (non l’alleanza Lega /5 Stelle) come lo spauracchio, l’alleanza vincente, il vero nemico (una volta trapassata la maggioranza attuale). Questa lettura è falsa. Forza Italia e Lega hanno interessi opposti e contrasti reali. Che si vanno approfondendo. Al fondo del salvinismo c’è la sparizione di Forza Italia e la fine dei popolari in Italia. Salvini e Forza Italia sono destinati a confliggere. Nel Pd non c’è nessuno che veda e che lavori a divaricare e allontanare Forza Italia dalla Lega.

Rimane il dogma dell’antiberlusconismo. E l’auspicio (suicida e cretino) del centrodestra ricompattato. Mentre sarebbe ora di un cambiamento strategico: una profferta politica al partito di Berlusconi, un’intesa strutturale per l’opposizione a questo governo, sistemica e non solo sulla Rai. E senza escludere future alleanze al governo.

 

Il rapporto con il Nord

Il secondo dogma del Pd (di quasi tutto il Pd) è che i voti il Pd li ha persi al Sud, tra i ceti sociali più umili (sud e periferie) e che questi voti persi, intercettati dai 5 Stelle, sono quelli su cui puntare. Falso. I voti il Pd non li ha persi solo al Sud. E quelli che ha perso al centro-nord non sono, strategicamente, meno importanti di quelli persi al Nord. Anzi.

E’ al centro e al Nord che il Pd ha perso il radicamento sociale, politico, culturale che al Sud non ha mai avuto. E che ha fatto, per un secolo, la forza e l’identità della sinistra, democratica e di governo, popolare e sociale in Italia. La vera perdita è al centro-Nord. Ed è antica. Precede lo stesso Pd.

E’ da 30 anni che la sinistra, in questo paese, va cambiando carattere e identità. Ha perso l’interclassissmo e l’identità popolare che avevano il Pci e la Dc (le famiglie politiche originarie del Pd).
Per acquisire, ben prima che esplodessero Lega e 5 Stelle, i connotati di una forza populista e non popolare: minoritarismo sociale (si parla solo di povertà e disegualianze e non di opportunità); giustizialismo, retorica dell’antipolitica, ambientalismo antindustriale. E’ questa la scioccante idea di sinistra che è diventata il connotato del Pd. Fino a Renzi.

E’ questa sinistra che ha perso il rapporto col centro Nord (già prima di Renzi) e che non tiene al Sud ed emigra verso i 5 Stelle.

 

Il M5S è più pericoloso di Salvini

Il terzo dogma del Pd è la credenza sul populismo “buono” dei 5 Stelle opposto a quello “cattivo” di Salvini. Falso. Non solo i grillini non si distinguono da Salvini sui migranti. Ma, sulle materie di loro competenza, sono più pericolosi e distruttivi di Salvini: da avversare. Salvini che, sul terreno sociale e dell’economia (dominato dai 5 Stelle) perde colpi e terreno.

Questi tre dogmi del Pd sono, insomma, la sua palla al piede. E’ quello che sta rendendo impalpabile, inoffensiva e inerte la sua opposizione. Cambiare linea politica, ipotesi di alleanze, pregiudizi (sui moderati e su Forza Italia e l’elettorato del centrodestra ) è il vero centro del congresso del Pd: battere l’ipoteca distruttiva della sedicente sinistra (interna ed esterna) sul partito.

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