LibertàEguale

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di Vittorio Ferla

 

Mai come quest’anno, il 25 aprile si svolge nel segno dell’intolleranza e dell’estremismo, in un clima che travolge il senso più profondo della festa della Liberazione. Ancora ieri mattina si è svolto un presidio di studenti universitari dinanzi alla sede dell’ateneo Federico II, a Napoli, dopo che per una settimana gli studenti hanno occupato la sede del rettorato protestando contro i programmi di collaborazione scientifica in corso tra lo storico ateneo napoletano e le università israeliane. Risalgono soltanto a quindici giorni fa gli scontri davanti al Teatro San Carlo di Napoli provocati dal corteo organizzato dalla Rete studentesca per la Palestina che ha trasformato in violenza il sit-in di protesta contro la Nato in occasione del 75° anniversario dell’Alleanza Atlantica. La situazione non è molto diversa a Milano dove gli studenti di Cambiare Rotta della Statale non si limitano a chiedere «la rescissione di ogni accordo di complicità con Israele», a partire dall’Università di Reichman, ma, in occasione delle celebrazioni odierne del 25 aprile, promettono di non condividere «la piazza con chi va con le bandiere di Israele e della Nato». Il messaggio di queste frange oltranziste è chiaro: trasformare la festa della Liberazione in una manifestazione contro Israele, considerato un paese oppressore e colonialista, e contro la Nato, considerato né più né meno come il braccio armato dell’Occidente guerrafondaio. Si dà il caso, però, che lo stato di Israele è nato proprio per impedire che la persecuzione degli ebrei possa ripetersi e che l’Alleanza Atlantica, frutto della liberazione dell’Europa dalle dittature, rappresenta la garanzia di difesa dei valori liberali contro le odierne autocrazie. Viceversa, nella mente della sinistra radicale Hamas non è più l’organizzazione antisemita, fondamentalista e terroristica, che da anni tiene sotto il suo giogo il popolo palestinese, che nel suo stesso statuto promette la distruzione e la cancellazione di Israele e che il 7 ottobre 2023 ha perpetrato un vero e proprio pogrom nei confronti degli ebrei che lì risiedono. Viceversa, Hamas diventa un movimento di resistenti che si oppone all’invasore sionista. In questo delirio ideologico, avallato da una parte importante della sinistra intellettuale e politica italiana, finiscono nel mirino anche gli atenei colpevoli di collaborazionismo con Israele attraverso le partnership accademiche. Il risultato è una forma di neosquadrismo che colpisce non soltanto gli intellettuali liberali che si esprimono a favore di Israele ma perfino gli ebrei italiani per il fatto stesso di essere ebrei, quindi complici di Israele. Da settimane gli ebrei che risiedono in Italia sono costretti di fatto a nascondere l’appartenenza alla loro comunità nel timore di essere vittime di ritorsioni da parte di chi è schierato a favore della Palestina. Una situazione – incresciosa per un paese democratico – che smentisce alle radici il significato più profondo della festa della Liberazione dal nazifascismo. Ad avallare questo clima si è messo anche l’Anpi, la storica associazione dei partigiani, ormai da anni nelle mani di un gruppo dirigente sempre più ideologizzato. Per le celebrazioni di quest’anno l’Anpi ha scelto lo slogan “Cessate il fuoco ovunque!”, scatenando proteste da parte di chi riconosce anche le ragioni di Israele, lo stato che nasce sulle ceneri della Shoah e sulla promessa di dare sicurezza e libertà agli ebrei perseguitati, e dell’Ucraina, il paese che oggi è protagonista di una lotta di resistenza e di liberazione contro la Russia, il paese che ha risvegliato i peggiori fantasmi di quel nazionalismo che tante tragedie ha già inflitto all’Europa. Parlare semplicemente di ‘cessate il fuoco’ significa chiedere a Israele di rinunciare a difendersi dalla minaccia terroristica di Hamas e significa chiedere all’Ucraina di arrendersi all’invasore russo legittimando così la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale nonché la violazione del diritto internazionale nato proprio dalla vittoria dei paesi occidentali sulla barbarie autoritaria e totalitaria. «Cessate il fuoco ovunque? Sarebbe stato come chiedere ai partigiani e agli alleati di fermare la guerra nel 1944. Non è accettabile», hanno spiegato le attiviste della comunità ucraina di Milano Kateryna Sadilova, Ruslana Tkach, Anna Gordon e Zoia Stankovska. Nei giorni scorsi la Brigata Ebraica – tra i protagonisti della lotta di liberazione dal nazifascismo – ha proposto di trasformare lo slogan in “Cessate il fuoco e democrazia ovunque!”, con l’obiettivo di estendere i valori della resistenza a tutte le situazioni in cui i regimi autoritari – compresi, per esempio, la Russia e l’Iran – usano la violenza ideologica, l’oppressione interna e le guerre di espansione per affermare il proprio dominio e volontà di potenza. Una proposta che aveva raccolto, tra l’altro, l’adesione dei partigiani cristiani e liberali e delle organizzazioni dell’associazionismo cattolico. «Trovo singolare nell’impostazione dell’Anpi verso l’Ucraina il fatto di non riconoscere al popolo ucraino lo stesso diritto alla resistenza all’invasore che hanno esercitato i partigiani: eppure i popoli dovrebbero essere trattati tutti nella stessa maniera», ha spiegato Davide Romano, direttore del Museo della Brigata Ebraica. Insomma, un 25 aprile coerente con i valori della Liberazione incarnati nella storia passata e in quella recente dovrebbe svolgersi sotto le bandiere dell’Unione europea, della Nato, dell’Ucraina e di Israele.

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