di Gianluigi Leto
Il decreto milleproroghe contiene una norma, sul fondo investimenti di cui all’art. 140 della legge finanziaria 2017, la quale stabilisce che sono confermati i procedimenti di spesa in corso all’entrata in vigore della propria legge di conversione, nei termini previsti dalla sentenza n. 74 del 2018.
La questione della competenza regionale
In apparenza, la disposizione verrebbe a recepire la sentenza n. 74 con cui la Corte costituzionale ha accolto un ricorso della regione Veneto che lamentava la mancanza di intesa in conferenza Stato – Regioni o Stato – Città tutte le volte che ai sensi dell’articolo 140 della legge finanziaria 2017, il governo venisse ad approvare progetti di investimento, in materie di competenza regionale. In realtà, a me pare che la norma non recepisca semplicemente il dettato della Corte ma lo innovi, spostando gli effetti della sentenza dalla sua pubblicazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del milleproroghe: la pronuncia dovrebbe avere, infatti, effetto immediato.
Quindi, il governo ha voluto una norma modificativa degli effetti ma non si comprende quale ne sia l’obiettivo. Tra la pubblicazione della sentenza e l’entrata in vigore della legge vi sono stati procedimenti che hanno completato l’iter volto alla aggiudicazione dei lavori e che altrimenti non avrebbero ricevuto i finanziamenti? Nel caso, si crede che questi contratti sarebbero nulli perché posti in violazione di una norma integrata dalla sentenza n. 74 del 2018 che voleva completata con l’intesa la procedura di approvazione del DPCM; e tale norma aveva effetto immediato. La disposizione del milleproroghe non è norma di interpretazione autentica eppertanto non ha efficacia retroattiva.
Un ingorgo giuridico
Il governo ha creato un ingorgo giuridico che andava risolto diversamente. Anche le promesse circa una intesa in conferenza Stato – Regioni non poteva rappresentare la soluzione.
E comunque, resta l’incognita sullo scopo reale della disposizione in oggetto perché la sentenza n. 74 non necessitava di alcun recepimento né di una norma che indicasse un termine di efficacia diverso da quello della sua pubblicazione.
Visto che la norma impugnata viene a riguardare un fondo investimenti, per settori di competenza sia statale che regionale, sia progetti che riguardano più regioni che una singola regione, la Corte ha rimesso al governo la individuazione dei progetti che necessiterebbero o meno della intesa ed a quale livello.
Il governo avrebbe dovuto dare seguito alla sentenza n.74 non con una legge quanto con un atto amministrativo di ricognizione che individuasse, prima di tutto, quali erano i progetti che avessero già costituito obbligazioni nei confronti dei terzi, come già in passato la giurisprudenza costituzionale ha più volte fatto salvi. Quando la Corte si riferisce a procedimenti di spesa in corso dovrebbe riferirsi ad obbligazioni assunte dalle P.A. verso terzi.
Poi, erano da distinguere i progetti non afferenti a competenze regionali, poiché questi non sono oggetto della pronuncia in argomento. Solo i progetti in materie regionali hanno necessità della intesa mentre quelli che insistono su materie statali non sono stati travolti dalla pronuncia di illegittimità costituzionale.
I diritti costituzionalmente garantiti delle persone
Da ultimo, residuando solo i progetti afferenti competenze regionali e non ancora oggetto di affidamenti a terzi, tra questi sono ancora da “salvare” quelli che riguardano i diritti delle persone. La Corte, infatti, nell’accogliere il ricorso delimita la propria retroattività, dichiarando espressamente che vengono fatti salvi i finanziamenti ad oggetto i progetti riguardanti i diritti costituzionalmente garantiti delle persone: alcuni esempi vengono fatti dalla Corte, quali gli interventi per la disabilità e gli interventi antisismici; ad essi potrebbero aggiungersi gli interventi in materia di edilizia pubblica, sanità, ambiente e di servizi pubblici.
È chiaro come sia la giurisprudenza della Corte costituzionale ad aver indicato negli anni quali siano gli interventi a favore delle persone. Appare assolutamente necessario che il governo proceda, comunque, ad una ricognizione dei procedimenti colpiti dalla pronuncia n. 74 del 2018 in modo che gli Uffici possano procedere alla erogazione dei finanziamenti. Non pare che la disposizione in argomento abbia risolto la questione. Gli enti beneficiari potrebbero mettere in mora i ministeri competenti e forse anche le regioni perché attivino le intese laddove vi sia la necessità, ricordando che a volte sarà necessaria l’intesa con la singola regione, a volte sarà necessaria l’intesa in conferenza Stato – Regioni, il che dipenderà dal fatto che il progetto investo o meno una o più regioni.
La norma del milleproroghe non pare, quindi, bloccare tutti i finanziamenti anzi pare ampliare l’ambito dei progetti finanziabili, visto che ha spostato in avanti l’efficacia della sentenza, senza mutarne i dettami. Di certo, la disposizione non ha aiutato ma ha solo aumentato la confusione, paralizzando gli Uffici ministeriali, da un lato e dall’altro, gli enti beneficiari dei contributi.
Una norma illegittima
La tecnica di redazione della norma non è delle migliori: sono state riprese le parole del dispositivo della sentenza n.74, come “procedimenti di spesa” e “termini”, nel senso di modalità, senza capire che non potevano essere usati tal quali, perché avrebbero creato una norma ambigua. Sicuramente la norma non è stata scritta da tecnici della legislazione.
Suggerirei, quindi, messe in mora e ricorsi: la sentenza n.74 e la disposizione in commento si offre ad agevoli interpretazioni a favore dei beneficiari dei contributi …
La norma, poi, sarebbe a sua volta illegittima perché ha sottratto a possibili intese altri progetti, in materie di competenza regionale, ma certo andrebbe dimostrato in concreto che nel periodo successivo alla sentenza n. 74 del 2018 si siano completate procedure, in violazione dell’ art. 140 della legge finanziaria 2017, come integrato dalla Corte. Ma questo resta un mistero.