di Umberto Minopoli
Sta crescendo in Italia un “partito del Pil”. È la vera forma di opposizione, oggi, alle politiche del governo. È il partito allarmato per i danni che ha già fatto la manovra del governo (crescita arrestata, disoccupazione che riprende, capitali che scappano, spread che falcidia i risparmi, costi bancari crescenti che fanno crescere mutui, prestiti, costo degli investimenti).
È il partito allarmato per il succo di questa manovra (al di là della disputa sui decimali del deficit e del debito): un colossale spostamento di risorse da impieghi produttivi (opere, investimenti, riduzione delle tasse sul lavoro, incentivi agli ammodernamenti aziendali, ecc.) all’assistenza. Per pagare reddito di cittadinanza e pensioni anticipate: il contratto di governo.
Questo “partito del Pil” ha oggi una guida: le associazioni degli imprenditori, delle piccole imprese, degli artigiani. A cui aggiungerei l’immenso popolo dei risparmiatori, dei BOT people che fuggono dalle aste dei titoli pubblici per la paura di comprare titoli definiti, agenzie di rating, “spazzatura”.
Non è un’opposizione di ricchi. È fatta di classi medie, lavoratori, famiglie, pensionati. Elettori di tutti i partiti e di nessun partito. Che oggi cominciano a mettere l’economia davanti alla politica.
Che si fa? Il Pd parla al partito del Pil? Alla vera ed unica opposizione oggi in piazza (in assenza di sindacati e organizzazioni di sinistra)? Oggi il Pd è frenato da un dogma. Che si rivela sempre più sciocco e illusorio. È quello che insegue la “redistribuzione, come si dice, dai ricchi ai poveri”. E in nome di questo trascura (quando non ammicca con le ciance suicide sulle “patrimoniali”) la vera redistribuzione in atto: dalla produzione all’assistenzialismo. E trascura il “partito del Pil”.
La sinistra trascura una legge dell’economia libera: solo paesi con Pil in crescita realizzano redistribuzioni e riduzioni dei tassi di povertà. Se, invece, si ristagna o non si cresce non si redistribuisce nulla e si allarga la povertà. Lo capirebbe anche un bambino. Il “partito del Pil” parla anche alle politiche di contrasto della povertà. Il pauperismo di certa sinistra, che insegue l’assistenzialismo dei populisti, cristallizza la povertà e la distribuzione attuale del reddito. È questo, il pauperismo, l’equivoco che allontana la sinistra dall’attualità e dal riformismo.
Sarebbe anche questo un bel tema da congresso, per il Pd: confrontarsi su cose interessanti per i cittadini. E non dilungarsi in manovre tra loro che non interessano nessuno.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.
In Italia, ormai alla frutta, qualsiasi strategia del PIL deve partire dalla riduzione delle uscite, cioè dei costi di funzionamento delle amministrazioni centrali e periferiche. Ma un partito del PIL non può ignorare che questa parte di spesa pubblica è proprio la linfa del sistema di acquisizione del consenso