di Umberto Ranieri
Sulla tragica vicenda della guerra contro l’Ucraina non si arresta la tendenza a pronunciare parole che tradiscono una sommaria conoscenza dei dati di fatto. Pronunciate spesso con un tono ultimativo, borioso.
Tono che si rintraccia, ahimè, nella intervista concessa alla Stampa il 3 marzo da Massimo Cacciari. Figura di spicco nel mondo degli studi filosofici, protagonista della discussione pubblica, le cui parole contribuiscono alla formazione delle opinioni politiche.
Sconcerta che Cacciari non trovi una sola parola di riprovazione a poche ore dall’ immondo spettacolo offerto dal presidente degli Usa e dal suo vice nello Studio Ovale, e sostenga che Trump “non è ipocrita, non è diplomatico, dice ciò che pensa …”. Sorprende che per Cacciari l’adozione di dazi e le politiche protezionistiche siano la via scelta dagli Usa per “prepararsi ad affrontare la sfida del prossimo secolo” e “rimettere le cose a posto a casa loro”.
Il punto cruciale della intervista, tuttavia, è il modo in cui Cacciari parla dell’Europa. Una polemica astiosa contro l’Europa che dovrebbe “vergognarsi da qualsiasi punto di vista”. Non manca il dileggio contro i leader europei “allevati come polli di batteria”, privi quindi di idee e di visione politica, storica, culturale. Oltraggi che ascoltiamo dai più fanatici partecipanti dei caotici talk show televisivi.
Nelle parole di Cacciari scompare la questione di fondo: una grande potenza atomica ha invaso militarmente uno Stato vicino più debole e ne ha annesso parte del territorio rompendo accordi, trattati, impegni solenni, che prevedevano il rispetto dei confini dell’Ucraina. In quanto al tentativo del gruppo di Minsk del 2014 che Cacciari ripropone, esso fallì per responsabilità della Russia che dopo essersi impadronita manu militari della Crimea, inviò soldati e mercenari nel Donbass a sobillare i gruppi separatisti contro il governo ucraino.
Quando tre anni fa Mosca aggredì l’Ucraina, l’obiettivo di Putin era trasformare l’intera Ucraina in una sorta di Bielorussia. A Kiev, Putin non trovò Lukashenko ma Zelensky: un uomo che non si arrese ma decise di combattere. Cosa avrebbe dovuto fare? Prendere l’elicottero e scappare?
L’Europa ha sostenuto Zelensky. Era sacrosanto farlo. Lo fa fatto, direi a Cacciari, proprio perché consapevole della storia e del destino d’Europa. L’ha sostenuta con cautela. Attenta, come chiese il presidente della Francia, a “non umiliare” la Russia. Macron si recò a Mosca due settimane prima dell’aggressione russa avanzando proposte di pace. In realtà fu lui ad essere umiliato da un tracotante Putin che aveva deciso la guerra.
L’Europa ha fornito faticosamente armi per difendersi all’Ucraina. Lo ha fatto condizionando il loro uso con mille prudenze. Putin ha gettato nella fornace della guerra i poveri cristi inviati dalla Corea del Nord, ha distrutto spietatamente con i droni acquistati dall’Iran, un altro compare, le infrastrutture energetiche, idriche, sanitarie dell’Ucraina per intimorire le popolazioni civili, costringere alla resa. Non l’ha ottenuta. Tace su tutto ciò Cacciari!
Dire che gli europei si proponevano di sconfiggere la Russia alimentando la guerra è argomento tradizionalmente usato dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov. Cacciari avanza come soluzione del conflitto la “creazione di una provincia autonoma del Donbass all’interno della sovranità ucraina”. Fosse il cielo si riuscisse a muovere in questa direzione! Una direzione già respinta da Mosca nel 2014. Le regioni del Donbass di cui i russi si sono impadroniti sono state nel corso di una adunata del regime nella Piazza Rossa nel 2023, proclamate annesse alla Russia. Dmitry Medvedev (il buffone di corte, lo definì Adriano Sofri) dichiarò che quei territori sarebbero stati difesi anche con il nucleare.
Oggi siamo ad un passaggio cruciale. Ha ragione Zelensky a respingere un “cessate il fuoco senza garanzie di sicurezza” con il rischio di un’Ucraina senza difese occidentali, fuori dalla Nato, con un esercito minimo e inevitabilmente soggetta al controllo russo. La pace va raggiunta sulla base di un compromesso onorevole.
In questa direzione si adopera una Europa che è apparsa in questi giorni drammatici finalmente unita. L’Europa è cresciuta in un mondo aperto. Non era una superpotenza e la sua politica si muoveva sotto l’ala degli Stati Uniti. Oggi è tutto cambiato. Siamo dinanzi ad avvenimenti che preludono ad una nuova struttura del mondo. Per l’Europa non è utile il catalogo di pessimismo inconcludente cui indulge Cacciari. Serve rimotivare il progetto europeo partendo dalla realtà del mondo terribile e spietato quale oggi si presenta.
Presidente della Fondazione Mezzogiorno Europa. Docente a contratto, insegna Storia dell’Europa all’Università La Sapienza di Roma, dove, Economia dei paesi in via di sviluppo all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Politica estera dell’Unione europea all’Orientale di Napoli. È stato deputato della Repubblica Italiana per quattro legislature (XII, XIII, XIV, XV) eletto nelle liste Pds, Ds e, infine, Pd. È stato anche Presidente della Commissione “Affari esteri e comunitari” della Camera dei deputati. Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri dal 1998 al 2001 nei governi D’Alema I, D’Alema II e Amato II.