di Stefano Ceccanti*
1-Cittadinanza e diritti fondamentali: un legame che si indebolisce, ma con alcuni problemi pratici non irrilevanti per chi non ha la cittadinanza
Tradizionalmente le norme sulla cittadinanza erano importantissime perché i diritti fondamentali erano strettamente legati ad essa. Questo legame però si è indebolito perché nel periodo contemporaneo tende a prevalere una concezione dei diritti più larga, che li estende a tutte le persone presenti su un territorio.
Le norme in materia di cittadinanza restano però importanti perché questa tendenza crescente che abbiamo segnalato (si ceda nel dettaglio il Manuale del prof. Curreri sui diritti fondamentali) non è comunque indiscriminata: ad esempio il diritto di voto nelle elezioni politiche resta legato alla cittadinanza, ma ci sono anche alcune importanti limitazioni che pesano sulla vita pratica. Ad esempio i circa 900 mila minori in questa situazione non possono partecipare a gite scolastiche, studiare all’estero, svolgere attività agonistiche nelle nazionali, andare a visitare familiari all’estero.
2-I due modelli di riferimento (sangue o suolo), il caso italiano in auspicabile evoluzione
I due modelli di riferimento tradizionalmente opposti sono quello legati alla trasmissione per sangue, tipico delle società che vogliono difendere la loro identità pregressa, e quello legato al suolo, tipico di società di forte immigrazione. Entrambi vengono però perseguiti in forme non pura ma condizionata (eccetto gli Usa per lo ius soli, nonostante i tentativi dell’attuale Amministrazione) e di per sé non si escludono a vicenda.
Le norme italiane, ferme al 1992, si basano soprattutto sul primo criterio. Tendono a favorire l’acquisizione della cittadinanza ai figli di italiani emigrati all’estero e a penalizzare invece i figli degli extracomunitari.
Nel 1992 gli stranieri presenti sul territorio erano 600 mila, oggi sono più di 5 milioni e più del 70 per cento extracomunitari.
Questa nuova realtà dovrebbe portarci a un cambio di impostazione: una cittadinanza non più correlata alla tutela dell’identità nazionale pregressa, inclusi i suoi caratteri somatici, peraltro molto labile nei casi di persone lontane dal nostro Paese, ma connessa alla condivisione di una cultura, anche costituzionale.
3-Le modalità attuali di acquisizione della cittadinanza: trasmissione, beneficio di legge, concessione
La cittadinanza si acquisisce anzitutto per nascita, se uno dei due genitori è italiano, anche se nato all’estero. Ne deriva il fatto che molte persone in possesso formale di cittadinanza nei fatti siano estranee alla lingua e a una comunanza effettiva di valori e relazioni.
Il criterio della cittadinanza per nascita sul territorio è del tutto residuale e limitato a casi estremi, ad esempio per i figli di apolidi.
Dopo la nascita, invece, si può acquisire in tre casi: per trasmissione (ad esempio un minore che viene adottato), o con alcune condizioni in casi di matrimonio; per beneficio di legge (ad es. lo straniero nato in Italia che vi risiede ininterrottamente fino al momento in cui compie 18 anni, ma ci vogliono circa due anni per ottenerla); per concessione (ad es. un legalmente residente da almeno dieci anni purché guadagni almeno 600 euro al mese, abbia un alloggio idoneo e dimostri di conoscere la lingua). Quest’ultimo caso è quello dominante per gli immigrati di prima generazione.
Particolari diritti e tutele sono poi riconosciuti ai cittadini dell’Unione europea, ossia a coloro che hanno la cittadinanza degli altri 26 Paesi dell’Unione: dalla libertà di circolazione e di soggiorno nonché di lavoro, diritto di elettorato attivo e passivo per le comunali e le europee ed altri ancora.
4-La richiesta di referendum abrogativo sulla cittadinanza
Su queste norme pende un referendum abrogativo su cui saremo chiamati a votare tra qualche settimana, promosso da Più Europa e da varie associazioni cattoliche e laiche.
Qualora passasse si otterrebbe la conseguenza di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto per fare domanda di cittadinanza agli extracomunitari maggiorenni con un effetto positivo a catena anche per i loro figli. Si tratta di varie centinaia di migliaia di persone potenzialmente interessate. Non si tratterebbe di un automatismo, ma di un dimezzamento dei tempi di richiesta, soggetta comunque alle citate condizioni di reddito, abitazione, conoscenza della lingua. La platea potenziale dei possibili richiedenti è di circa 2.5 milioni di persone. Questa ampiezza ci fa capire che, nonostante le apparenze soddisfacenti dei numeri di poco più di 200 mila nuovi cittadini nel 2023, come fa puntualmente notare P. Lambruschi su “Avvenire” di sabato 1 marzo, la base di riferimento sarebbe ben più consistente e meritevole di attenzione.
Per passare il referendum deve portare alle urne almeno la metà più uno degli elettori e vedere il successo dei Sì sui No.
Ci saranno anche altre quattro schede per quesiti sui temi del lavoro. Ognuno può può scegliere di ritirare anche solo la scheda sulla cittadinanza, se non condivide gli altri referendum. Se ne ritira più di una può decidere scheda per scheda su quale votare Sì e su quale No.
Personalmente credo che questa sia l’unica scheda da ritirare e sulla quale fare un deciso segno sul Sì, ma ognuno si informi personalmente e faccia le sue valutazioni.
Bibliografia
S. Curreri, Lezioni sui diritti fondamentali, Francoangeli, 2023
*Intervento del 3 marzo 2025 allo spazio Sassoli sulla cittadinanza per la Fnp-Cisl
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.