È uscito per Rizzoli il nuovo libro del mio amico Antonio Funiciello: “Tempesta. La vita (e non la morte) di Giacomo Matteotti”.
In occasione del centenario dell’assassinio del parlamentare socialista (il 10 giugno di 100 anni fa, il leader socialista veniva assassinato da uomini del Duce) sono usciti tantissimi libri. Ma, come lamentava qualche tempo fa Fabio Martini su HuffPost Italia, Matteotti è forse “il martire più celebrato ma anche il meno conosciuto degli ultimi cento anni” e ci si continua a concentrare troppo sull’antifascista e poco sul leader socialista, che fu osteggiato dai fascisti ma anche dai comunisti (https://www.huffingtonpost.it/…/giacomo_matteotti_il…/).
Proprio per questo, nel suo libro, Antonio sceglie di occuparsi del leader riformista e di raccontare la sua breve (39 anni) vita controcorrente spesso oscurata dalla morte violenta e dal mito dell’antifascista, dell’anti-Mussolini. Lo spiega nella sua introduzione: «Le storie di Matteotti che qui si raccontano, storie di ardore e di lotta, saltellano avanti e indietro nella sua vita, cercando di tirare fuori una sequenza del suo DNA, una successione di eventi in ordine non necessariamente cronologico che, per la loro esemplarità, provino a ricostruire il senso di un’esistenza. Tra questi eventi, non c’è la sua morte: l’attentato, il sequestro, il suo brutale omicidio. Nulla di ciò che potrebbe essere scoperto ancora sulle motivazioni del suo omicidio aggiungerebbe qualcosa di interessante al suo pensiero politico e alla sua opera».
Insomma, proprio perché la figura del politico e dell’uomo Matteotti, è rimasta schiacciata dietro la lapide del martire, dipinta nella solitudine di un antifascismo quasi troppo precoce e fallimentare, stravolta dai giudizi fuorvianti di alcuni estimatori a lui coevi come Gobetti, o dagli attacchi degli avversari comunisti dell’epoca (Togliatti in primis), Funiciello sceglie di raccontare il «Matteotti vivo», il Tempesta, come lo battezzarono i compagni, il sindacalista e l’amministratore locale, il leader socialista così legato ai fatti e alla legalità, il riformista che meglio di chiunque altro, tra la fine degli anni Dieci e i primi dei Venti, ha rappresentato in Parlamento e nella società italiana i bisogni, i diritti e le speranze degli ultimi.
«Le battaglie del segretario del Partito socialista unitario hanno finito per restare quasi tutte oscurate in questi cento anni e ora vengono esposte assieme, in un modo talmente chiaro e inatteso da risultare “politicamente scorretto”», ha scritto infatti Fabio Martini recensendo il libro di Funiciello (la “biografia di un uomo capito da pochi, dileggiato da molti”). «Battaglie scomode anzitutto per Mussolini, perché per il duce gli avversari più pericolosi non furono i comunisti o i socialisti massimalisti, ma proprio “l’antifascismo legalitario” di Matteotti, che “muovendo dagli studi giuridici liberali”, era convinto che “l’abuso della libertà personale fosse un limite invalicabile”. Ma esattamente il culto della libertà, che rende Matteotti odioso per i fascisti, è la stessa ragione per la quale i comunisti lo considerano un personaggio da dileggiare, con espressioni che dopo la morte diventano oscene. E proprio il socialista Matteotti, nella difesa delle libertà borghesi, si dimostra più coerente e coraggioso degli arrendevoli e miopi notabili liberali, da Giolitti in giù, che non “vedono” Mussolini, se non a cose fatte».
«Vita ricchissima di pensieri e di azioni – conclude Martini – quella di Matteotti, la cui personalità politica viene sintetizzata così: “Detestava demagoghi e populisti, esecrava i voltagabbana, odiava i fascisti e, negli ultimi anni della sua vita, anche i comunisti, mentre amava tutti quelli che, per dirla con Viktor Sklovskij, tutti i giorni si impegnano a scrivere la loro personale biografia, più che a fare la storia”. Per queste ragioni, “Tempesta” si incarica di raccontare “la sua esistenza meravigliosa e terribile, il suo pensiero inattuale, la sua perduta eredità”. E tra le tante eredità perdute ma concrete e attuali, Funiciello individua quella di Matteotti come padre dell’antifascismo, che non nasce nella Resistenza ma “dalla denuncia socialista contro la demolizione dei diritti liberali. Un antifascismo legalitario, centrato sul primato della legge, sarà la base sulla quale i padri costituenti, dopo il disastro della Seconda guerra mondiale e la guerra civile, scriveranno la Costituzione repubblicana. Negli anni Venti, quando sarà proposto da Matteotti e Turati, e poi da Sturzo e Amendola per impedire che il fascismo abbatta le strutture liberali dello Stati borghese, sarà respinto da molti, soprattutto dai comunisti di Gramsci, Bordiga e Togliatti»(https://www.huffingtonpost.it/…/tempesta_matteotti…/).
Da leggere (per giunta la copertina di Ivan Canu è bellissima).
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.