di Stefano Ceccanti
Stop ai nomi ad effetto per le indagini non rispettosi dell’articolo 111 della Costituzione.
Ho presentato un’interrogazione ai Ministri dell’Interno e della Giustizia per chiedere quali iniziative intendano assumere rispetto ai nomi ad effetto che vengono sempre più utilizzati in modo diffuso per indagini, ad esempio quella denominata “Angeli e Demoni”.
Questo modo di fare porta non a rispecchiare un contenuto tutto da vagliare, ma di fatto a suscitare in modo anomalo un consenso aprioristico dell’opinione pubblica: è una sorta di marketing delle indagini giudiziarie che, al di là dei singoli casi e delle singole motivazioni, collide sotto vari profili con le garanzie stabilite dall’articolo 111 della Costituzione.
Per questo è importante che questa spettacolarizzazione cessi quanto prima.
Testo Integrale
Al Ministro dell’Interno
Al Ministro della Giustizia
PER SAPERE
Premesso che da diversi anni è invalsa la prassi da parte di alcuni settori della magistratura inquirente e di alcune autorità di polizia giudiziaria di denominare operazioni e indagini da esse condotte con nomi in codice ad effetto, facendo uso di termini evidentemente scelti con cura al principale scopo di influenzare l’opinione pubblicare e suscitare il consenso sociale intorno alle ipotesi accusatorie, spesso risultate poi nei processi meno solide del previsto;
premesso che ciò sembra dar luogo ad un vero e proprio improprio marketing delle indagini giudiziarie e con l’assecondare forme inopportune di spettacolarizzazione;
Premesso altresì che, anche in considerazione dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa nonché della comunicazione diretta via rete e social media, tutto ciò finisce con l’alterare l’equilibrio fra accusa e
difesa ed anzi con l’attentare ai diritti delle persone coinvolte ben prima di qualsiasi riscontro processuale da parte di un giudice terzo, il tutto in violazione di norme costituzionali precise a partire
dall’art. 111 Cost.;
quali iniziative intendano assumere onde assicurare che una simile prassi venga abbandonata e per assicurare che alle inchieste, ove reputato necessario, siano attribuiti nomi in codice con valenza esclusivamente pratica e interna.
STEFANO CECCANTI
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.