Articolo di Augusto Barbera sulla rivista Il Mulino
Le linee portanti dell’Italicum sono ormai note. In 100 collegi plurinominali sono presentate liste di candidati in ordine alternato per sesso. La distribuzione dei seggi avviene con criteri proporzionali, escluse le liste che non abbiano raggiunto il 3% dei voti validi. Alla lista più votata che raggiunga almeno il 40% dei voti validi è attribuito un premio di maggioranza: 340 seggi sui 630 deputati. In mancanza, il premio viene assegnato, in un ballottaggiofra le due liste più votate, a quella che ottiene il maggior numero di voti. Sono proclamati eletti, fino alla concorrenza dei seggi che spettano a ciascuna lista, dapprima il capolista nei collegi, quindi i candidati che hanno ottenuto il maggior numero delle preferenze (ogni elettore dispone di una preferenza, di due se vota due candidati di sesso diverso).
Non credo che sia il migliore dei sistemi elettorali (ciascuno di noi crede di avere la formula giusta, come per la Nazionale di calcio) ma, a mio avviso, è il migliore di sistemi possibili con questo Parlamento e con gli equilibri politici che esso esprime. Non mi convincono la pluralità delle candidature e le clausole di esclusione; perché la prima interrompe il rapporto diretto con gli elettori del collegio pluri-nominale e perché la clausola troppo bassa (il 3%) non incentiva l’aggregazione di uno schieramento alternativo a quello vincente. Ma mi rendo conto che modificando questi punti verrebbe ad alterarsi la base parlamentare che sostiene questo progetto (la clausola bassa è stata voluta dalla minoranza interna del Pd e dai partiti alleati di governo), e in politica bisogna arrendersi di fronte al principio di realtà.
La mancata approvazione del testo Boschi non ci assicurerebbe una legge migliore, ma solo l’incognita di nuove elezioni con il sistema ritagliato dalla Corte costituzionale e comunque accrescerebbe il discredito interno e internazionale per l’inconcludenza delle nostre istituzioni. Dico questo anche perché non mi convincono gli argomenti degli oppositori. Vediamoli più da vicino. Essi riguardano in particolare la possibile alterazione della forma di governo e il tema delle preferenze.
I critici obbiettano che mettendo insieme una legge elettorale che assicura una maggioranza alla lista più votata e la presenza di una sola Camera politica si verrebbe ad alterare la forma di governo, fuoriuscendo dal sistema parlamentare e realizzando un “presidenzialismo di fatto” senza i contrappesi necessari. Non capisco il riferimento al “presidenzialismo”, sistema che fa perno sul capo dello Stato come organo di governo. Certamente, invece, saremmo di fronte a un rafforzamento del primo ministro, che verrebbe ad avere una legittimazione politica diretta. Ma questa è, da tempo, la caratteristica di tutti i sistemi parlamentari funzionanti (Regno Unito, cancellierato tedesco, premierato spagnolo). Continua a leggere sulla rivista