Come nasce la corruzione? E, soprattutto, come si fronteggia? Sono domande cruciali, perché, senza risposte oneste, non basteranno legioni di giudici o commissari per risolvere il problema.
La questione della corruzione a Roma è diventata surreale.
Da una parte, una magistratura che mette in piedi una fiction affaristico-mafiosa, legittimando uno schema spettacolare, forse anche fondato giuridicamente, ma del tutto inadeguato a rappresentare la realtà. E va bene che siamo nell’era dello storytelling, ma il romanzo gangsteristico di Mafia Capitale, che tanto ricorda la retorica di Saviano o don Ciotti, c’azzecca davvero poco con la struttura della corruzione a Roma.
Dall’altro, l’ansia di sostituzione di un sindaco che – al di là dei suoi limiti personali – deve confrontarsi con una macchina politico-burocratica che lo mastica per forza di cose. Potremmo anche incaricare del commissariamento Superman o Gengis Khan. Oppure organizzare primarie tra l’incredibile Hulk e Napoleone Bonaparte. Il destino sarebbe segnato: prima o poi, il prescelto affonderebbe miseramente nella pozza di fango del sistema capitolino di poteri e di rendite.
La questione romana è una questione di sistema. I principali cardini di questo sistema sono:
la rete di soggetti pubblici irresponsabili (enti pubblici di vario genere, società, consorzi, fondazioni, municipi, cooperative, appaltatori di pubblici servizi che mescolano funzionari pubblici e politica locale) nella quale si esercita abitualmente lo sfruttamento privato o corporativo di risorse pubbliche con il coinvolgimento attivo dei sindacati e delle burocrazie nella corruzione;
la mancanza di concorrenza nella gestione dei servizi (che è una diretta conseguenza del punto precedente). La classe politica italiana ha da sempre operato ritenendosi il miglior fornitore possibile di tutta una serie di servizi. A questo scopo ha piegato le istituzioni pubbliche e queste hanno assorbito completamente una tale mentalità. Infine, anche quando ha coinvolto i privati (profit o non profit) lo ha fatto perlopiù in modo strumentale necessitando di partner per mantenere il controllo;
i privati che stabiliscono col pubblico un rapporto perverso. Non hanno rapporti diretti con l’utenza che non ha poteri di valutazione e di verifica, né facoltà di scegliere un altro erogatore. La vita o la morte di queste imprese assistite è appesa alle decisioni discrezionali di pochi tra dirigenti ed eletti che sono nella condizione privilegiata di spendere le risorse provenienti dalla tassazione dei contribuenti. La priorità di questi soggetti è quella di utilizzare a proprio vantaggio quelle risorse praticando lo scambio sistematico;
la totale indifferenza nei confronti dei diritti dei cittadini. I servizi non funzionano per un motivo molto semplice: perché il benessere della popolazione non è il valore prioritario di questa classe dirigente e politica e nemmeno il parametro di valutazione dell’azione amministrativa;
il vuoto politico e amministrativo delle classi dirigenti romane. La parte politica è da anni priva di una visione e di un disegno. Non è un caso, dunque, che il ‘ciclone’ Renzi – che finora ha in qualche modo travolto il quadro politico nazionale (e in alcuni ha quasi ‘brutalizzato’ alcune categorie, minando alla base le loro rendite di posizione) – a Roma non si sia nemmeno percepito, neanche come flebile venticello. La parte burocratica, allo stesso tempo, del tutto sprovvista di capacità manageriali, si è perfettamente mimetizzata nelle istituzioni diventando negli anni perfettamente invisibile, al punto da non meritare nemmeno una particina nella fiction di Mafia Capitale.
Esistono delle soluzioni per rimediare a questo sfacelo? Certamente sì, ma non sono facili, né immediate. Ci ritorneremo certamente su queste pagine. Nel frattempo, però, bisognerebbe intendersi sulla diagnosi corretta, altrimenti continueremo a correre al letto del moribondo con i bicchieri di acqua fresca.
Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de ‘Il Riformista’, si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).