di Dario Parrini
La ministra Casellati e il costituzionalista Francesco Saverio Marini, estensore principe del testo di riforma costituzionale volto a introdurre il premierato elettivo nell’ordinamento italiano, sostengono che il progetto in questione non limita i poteri del Presidente della Repubblica e quelli del Parlamento, in quanto il Presidente della Repubblica manterrebbe il potere di sciogliere le Camere e di nominare il Presidente del Consiglio, mentre il Parlamento conserverebbe il potere di negare la fiducia al Governo.
Si tratta di affermazioni palesemente false.
A parte il grosso e non trascurabile mutamento sostanziale nell’equilibrio di potere tra Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio e Parlamento prodotto di per sé dall’elezione popolare del Presidente del Consiglio, è del tutto evidente che l’articolato approvato nel Consiglio dei Ministri del 3 novembre 2023 riscrive l’articolo 94 della Costituzione in maniera tale da ridurre drasticamente sia il potere del Presidente della Repubblica di nominare il Presidente del Consiglio e di determinare lo scioglimento delle Camere, sia il potere del Parlamento di negare la fiducia al Governo.
Esso prevede infatti due casi in cui il Presidente della Repubblica è chiamato a compiere una scelta obbligata nella nomina del Presidente del Consiglio e due casi in cui il Presidente della Repubblica è obbligato a sciogliere.
In parallelo indica due casi in cui il Parlamento se vota la sfiducia determina automaticamente il proprio scioglimento.
È bene rammentare che nella Costituzione vigente non sono mai citati né obblighi in capo al Presidente della Repubblica quanto alla nomina del Presidente del Consiglio, né casi in cui il Presidente della Repubblica è obbligato a sciogliere, né casi nei quali un voto parlamentare determina in automatico lo scioglimento del Parlamento stesso.
Per quanto riguarda le attribuzioni del Presidente della Repubblica e quelle del Parlamento è quindi abissale la differenza tra il testo in vigore e il testo proposto.
La verità è che se questo progetto di riforma della Costituzione andasse in porto il Presidente della Repubblica perderebbe la sua funzione più rilevante, vale a dire la possibilità di svolgere un ruolo di arbitro e di motore di riserva nei momenti di crisi.
Mentre il Parlamento, che oggi determina le sorti del Governo, sarebbe di fatto sottomesso al Presidente del Consiglio. Non solo per i motivi prima ricordati, ma anche per la cruciale circostanza che il nuovo testo dell’articolo 92 della Costituzione crea un sistema elettorale fondato sul principio che è il voto per il Presidente del Consiglio a plasmare automaticamente la composizione della rappresentanza parlamentare.