di Pasquale Pasquino
Quasi cinquanta anni fa – grazie alla revisione costituzionale del 29 ottobre 1974 dell’art. 61 della costituzione – venne introdotta in Francia la saisine parlementai
Il Conseil è una istituzione simile alle Corti costituzionali che esistono in molti paesi europei, ma sin dall’inizio della sua istituzione e nelle sue trasformazioni ha avuto una storia diversa da quelle a esso paragonabili – per lo più organi sorti nel quadro di costituzioni post-autoritarie.
Nato più tardi delle prime Corti europee, come quella austriaca e poi quella italiana e tedesca, con la costituzione del 1958, innanzitutto, nonostante lo sia ormai divenuto, non è ufficialmente un organo giudiziario – infatti non si chiama Corte ma Consiglio – e i suoi membri non hanno il titolo di giudici ma di consiglieri.
Inoltre, a differenza della stragrande maggioranza delle corti di giustizia, la deliberazione della camera di consiglio dei nove membri viene trascritta dai membri del servizio giuridico che assistono alla deliberazione – e questi rendiconti sono ormai accessibili al pubblico trascorsi 25 anni.
Nella cultura costituzionale che rimonta alla Rivoluzione la funzione giudiziaria non è un potere dello stato al pari del legislativo e dell’esecutivo, ma una autorité, dunque una funzione subordinata, come nella concezione di Rousseau e, dunque, in certa
Sicché il compito del controllo delle leggi, che scaturisce dalla rigidità della costituzione, non può essere assegnato a giudici, ma solo a organi di natura diversa. All’origine, inoltre, la possibilità di richiedere il controllo di una legge era limitata ai quattro attori politici apicali dell’ordinamento statuale: i presidenti della Repubblica, del governo, del Senato e dell’Assemblea nazionale. E, aspetto questo più importante, solo prima della promulgazione della legge da parte del Presidente della Repubblica che interveniva dopo il voto del Parlamento.
Come è noto si incontra qui il tratto distintivo in Europa della meccanica del controllo di costituzionalità in Francia rispetto a quello esistente in Germania e in Italia, il quale ha preso il nome di controllo a priori.
La tradizionale ideologia della legge in quanto espressione della volontà generale ha impedito fino al 2010 di dichiarare contraria alla costituzione francese una norma entrata a far parte del diritto positivo. La riforma del 1974 non ha mutato questa ideologia, ma ha dato luogo ad una trasformazione decisiva della funzione del Conseil. Voluto all’origine da De Gaulle, aveva soprattutto il compito di controllare il parlamento, ad esempio possibili modifiche dei suoi regolamenti (che in Italia sono ancora, in quanto interna corporis delle assemblee legislative, per lo più esclusi dal sindacato di costituzionalità).
Con l’introduzione della saisine parlementaire la funzione del Conseil si trasforma in organo che difende la minoranza del parlamento dall’azione ultra vires della maggioranza. È stata soprattutto la presenza di nove anni di Robert Badinter alla testa del Conseil (1986-95) che ha permesso l’esercizio equilibrato di tale funzione di moderazione della maggioranza e stabilito la reputazione del Conseil come organo super partes.
Sotto la spinta dell’integrazione europea e ispirata dal controllo incidentale praticato in Italia, come avevano già suggerito Badinter e Geoges Vedel, la riforma costituzionale del 2008 (attivata nel 2010) ha, tuttavia, rotto l’ideologia che aveva impedito il controllo delle leggi promulgate introducendo, accanto alla rodata saisine parlementaire,
Con qualche differenza rispetto alla incidentale italiana o al controllo detto concreto della Corte costituzionale federale tedesca. Infatti, l’azione deve essere promossa dalle parti e il giudice del processo nel corso del quale l’eccezione di costituzionalità è sollevata può con argomenti rifiutarsi di accoglierla. Inoltre, quest’ultimo non potrà inviare la questione direttamente al Conseil, ma si deve rivolgere alle magistrature supreme: Cour de cassation o C
La presenza contemporanea fra controllo a priori e a posteriori introdotto dalla QPC ha sollevato problemi nella dottrina e, all’inizio, nel lavoro del Conseil. Se, infatti, si tiene presente che spessissimo le leggi (molto meno numerose in Francia che da noi) sono inviate dalla minoranza parlamentare al Conseil, la decisione di questo primo controllo rappresenta un precedente che rischia di sterilizza il controllo ex post – se si esclude il caso delle leggi promulgate in passato, prima del 1974 e che non erano state oggetto del sindacato costituzionale.
Presto il Conseil ha però imparato a prendere delle decisioni che lasciano spiragli per controllare, come ha sottolineato Guy Canivet primo presidente della Corte di cassazione e poi membro del Conseil, potenziali profili di incostituzionalità che appaiono solo nella fase di concreta applicazione della legge e che possono sfuggire al controllo astratto della legge non ancora operante nella realtà.
Dopo cinquanta anni dalla nascita della saisine parlementaireil controllo di costituzionalità in Francia si è affermato come strumento della moderazione – nel senso che Montesquieu dava a questo termine – del potere delle maggioranze e a quello della protesta oggi spesso virulenta delle opposizioni. Esercizio difficile ma necessario nello stato di diritto costituzionale. E il Conseil ha imparato a utilizzare utilmente in modo compatibile le due leve di quello che con una stilizzazione si può chiamare controllo astratto e controllo concreto della legge.
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Poiché la Francia ha ripreso dall’Italia il modello del ricorso incidentale, ci si può chiedere se non sia opportuno introdurre da noi l’accesso alla Corte costituzionale da parte della minoranza degli organi elettivi, prima della promulgazione della legge approvata. Era già stato proposto questo controllo ex ante, limitatamente alle leggi elettorali, per evitare la situazione in cui il sistema costituzionale si era trovato in particolare dopo la sentenza n° 1 del 2014, quando veniva annullata una legge senza che si potesse per ciò stesso sciogliere un Parlamento, che continuava a lavorare pur essendo stato dichiarato eletto in contrasto con la costituzione. Questa ipotesi specifica è ragionevole.
Tuttavia, sembra a chi scrive che in particolare nel presente contesto politico italiano il controllo a priori, ponendo la Corte immediatamente di fronte alla maggioranza eletta, potrebbe facilmente suscitare critiche nei confronti dei giudici costituzionali accusati dalle parti politiche di essere o nemici della maggioranza eletta dal popolo o proni nei confronti di essa; dunque, di volta in volta di indebito attivismo e di invasione della funzione legislativa o, alternativamente, di rinunciare alla sua funzione di contropotere (come accade oggi spesso in Francia).
Al contrario, credo che si possa cominciare a ragionare sulla possibilità di introdurre attraverso passi successivi il ricorso diretto da parte di chi chiede difesa dei suoi legittimi dirittiprotetti dalla costituzione, come accade fra l’altro in Germania e in Spagna. Il numero ridotto di questioni sollevate dinanzi alla Consulta negli ultimi anni permette di pensare che questa apertura maggiore della porta della Corte, fatta con giudizio, possa far crescere il poco sviluppato patriottismo costituzionale rendendo i cittadini, e chiunque ne ha bisogno, attori essi stessi dello stato costituzionale di diritto, senza peraltro danneggiare la reputazione della Corte – che su questa ulteriore forma di apertura verso l’esterno potrebbe cominciare a riflettere.
Pasquale Pasquino, nato a Napoli nel 1948, è Director of Research al French National Center for Scientific Research (CNRS) nonché docente di Politics and Law alla New York University. Dopo gli studi di filologia classica, filosofia e scienze politiche ha pubblicato ricerche sulla storia delle idee relative allo Stato e alle costituzioni. In anni recenti la sua ricerca si è concentrata sulla giustizia costituzionale in una prospettiva costituzionale. In passato ha lavorato presso il Max Planck Institute di Göttingen, il Collège de France e il King’s College di Cambridge.