di Umberto Minopoli
Bugie e ipocrisie contro Enrico Letta. Che merita simpatia e apprezzamento.
Ha rotto con i 5 Stelle. Atto dovuto vista la loro condotta su Draghi, ma c’è chi gliene fa una colpa. E non solo da sinistra-sinistra. Molti hanno già dimenticato il comportamento di Conte e si preparano a imputare a Letta l’aver rinunciato al 12% di cui viene accreditata la truppa populista. Come gli imputeranno la protesta della sinistra-sinistra per l’accordo con Calenda.
Nel Pd, ma anche tra insospettabili commentatori, fa capolino chi ritiene che Letta avrebbe dovuto perseguire l’obiettivo di un fronte da Conte a Renzi, Calenda e Fratoianni. Per battere la destra.
In verità questa era l’intenzione di Letta. Ma impossibile da realizzare. Dopo la traumatica caduta di Draghi, l’idea dell’Ulivo, un arcobaleno di sigle e siglette di tutti, non era possibile. Letta avrebbe raccolto solo una sinistra estrema alla Mélenchon, infarcita di ideologismi oppositori, di No alla linea ambientale ed energetica europea, di critiche e risentimenti verso Draghi.
Il punto di forza di questi mesi – la responsabilità, il sostegno a Draghi, la tenuta atlantista ed europeista sulla guerra – che ha fatto vincere il Pd in tutte le elezioni amministrative recenti, sarebbe annegato e trasformato nelle premesse di un tracollo sicuro.
Letta non aveva scelta. L’accordo con Calenda era inevitabile se il Pd non voleva consegnarsi a una deriva estremista e massimalista e ad un voltafaccia contro Draghi e favorevole aI 5s versione Di Battista.
Fa, sinceramente, riflettere che Matteo Renzi che dovrebbe essere tra i maggiori sostenitori delle scelte di Letta, lo attacchi, invece, con lo stesso argomento della sinistra-sinistra e della sinistra interna al Pd: aver fatto “un’ammucchiata” con Calenda.
Accusa ingenerosa e, francamente, disarmante. E falsa: nessuna ammucchiata vista la reazione nella sinistra-sinistra e visti i contenuti dell’intesa con Azione, che sono i punti dell’Agenda Draghi. Di questo si fa colpa a Letta, da parte di Conte, dall’interno e dalla sinistra del Pd.
Dai liberali, dai riformisti e dagli estimatori dell’esperienza Draghi dovrebbe venire solo il plauso e l’incoraggiamento a Letta. Renzi, e per puro egotismo, non dovrebbe autoescludersi dal patto del centrosinistra. Fa un errore gravido di conseguenze. E si mette nel calderone dei malpancisti (tutti di sinistra) della politica di Letta. Gli elettori, già assai diffidenti su Matteo Renzi, visti gli immarcescibili sondaggi, non perdoneranno questa partecipazione incomprensibile al circolo dei critici da sinistra della politica di Letta.
A cui va, invece, il plauso e l’incoraggiamento di chiunque si collochi nella sinistra che sostiene le politiche di Draghi, liberale, atlantica e riformista.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.
Difficile essere d’accordo con questo articolo. Renzi fa bene a diffidare del PD. La sx del PD ha fatto perdere il referendum nel 2016. Ha fatto di tutto perché venisse ridimensionato e sa benissimo che la sx interna non condivide ne la scelta di tagliare con i 5* ne tanto meno l’agenda Draghi. Senza parlare poi della sx sx e dei Verdi entrambi contrari all’agenda Draghi. Renzi sta criticando Cale