di Giovanni Cominelli
In numeri assoluti, dati oltre 51 milioni di cittadini/elettori, il consenso al governo verde-giallo è passato dai 16 milioni e 300 mila del 2018 ai 13 milioni e 700 mila delle elezioni europee del 2019. Non è precisamente un’avanzata! Ciò che è avanzato è l’astensionismo. Il Paese disponibile alle illusioni e alle parole d’ordine semplici, forti e irrealistiche, resta pur sempre una minoranza. L’astensionismo ha alle spalle motivazioni molto diverse, ma non certo una qualsiasi fede nei confronti della politica corrente. L’astensionismo è sfiducia e attesa, è come una stazione ferroviaria, i passeggeri sono in continuo ricambio di arrivi e partenze. Per la sinistra si tratta di un’opportunità, di una vasta prateria.
La sinistra legale e la sinistra reale
Tuttavia, l’ultima discussione che si è accesa all’interno del PD è surreale: riguarda le alleanze. Per capirne il non-senso è necessario distinguere tra “la sinistra legale” – quella che rappresenta/dirige a livello di partiti, di Parlamento, di Amministratori – e “la sinistra reale” – quella che vota la prima. La sinistra reale appare come un pluriverso: antifascista, antirazzista, magari anticapitalista, un po’ antiamericana e molto etica. Da aggiungervi quella giustizialista, per la quale la magistratura è la continuazione del partito con altri mezzi.
Poi c’è la sinistra sociale: quella dei lavoratori, anzi degli operai, dei sindacati, dei poveri, degli ultimi. Poi la sinistra dell’accoglienza… Poi la sinistra dei diritti LGBT. Poi la sinistra riformista di governo… La sinistra reale vota sempre a sinistra, ovviamente, talora turandosi il naso. Forgiatasi all’opposizione, è molto affascinata dall’etica della convinzione, assai meno da quella della responsabilità e del governo.
La sinistra-palude e il problema delle alleanze
A questo pluriverso la sinistra legale propone la “sinistra plurale”. Plurale, e quindi reciprocamente paralizzata. Essendo paralizzata, in quanto chiusa nel proprio acquario elettorale minimo, è costretta a porsi il problema delle alleanze. “Con tutti” dice Zingaretti; solo a sinistra, dicono i resti di Leu, et pour cause! Non essendo la farina dell’impasto, si sono autoassegnati il ruolo del lievito, minuscolo, ma insostituibile. Con il Centro, dice Calenda. E se non esiste, lo creiamo per partenogenesi: un piccolo partito liberal-democratico di centro, ovviamente con il permesso della sinistra legale. Qualcuno, alla ricerca dei “moderati”, si spinge fino a Forza Italia, ormai in stato comatoso. Tutto il vecchio lessico partitologico combinatorio viene ri-evocato, nel tentativo di rimediare all’impotenza culturale e programmatica e nella speranza di sfuggire a decisioni radicali.
L’Italia fragile e la sinistra fragilissima
Ciò che lascia straniti è il confronto tra la condizione drammatica del Paese e la scarsa consapevolezza che dimostra di averne la sinistra reale e legale. Non che manchino quotidiani lanci di allarmi sulla tenuta dei conti, sulla confusione mentale verde-gialla, sulla campagna elettorale permanente, sullo scontro continuo con tutti gli altri Paesi europei, sovranisti compresi, ecc… Ma latitano le proposte o, per peggio dire, sono troppe e reciprocamente elidentisi. L’autoelisione tiene a malapena insieme “la sinistra reale”, ma non sottrae voti né al bacino verde-giallo né, soprattutto, a quello in crescita dell’astensionismo. Il PD è il nome di una paralisi intellettuale e politica. Se l’Italia è fragile, la sua sinistra reale e quella legale ne rispecchiano perfettamente la condizione.
Non mancano, al suo interno, forze di elaborazione intellettuale, che si sono confrontate con un tentativo di Programma fondamentale. L’associazione di cultura politica “Libertà eguale” ha presentato molte idee al riguardo in questi anni. Ma, giunta alla prova cruciale dell’ultimo Congresso del PD, si è divisa, a sua volta, in tre pezzi; troppi, se le scelte di linea politica hanno a che fare con dei solidi e coerenti presupposti culturali e programmatici. Ma forse non così solidi.
Ora, se non si è soddisfatti dal ricorso alla categoria moralistica della libido di potere – anche se a volta potrebbe essere più che esplicativa – occorre trovare una spiegazione più profonda per l’innesco del meccanismo fatale della creazione di correnti a mezzo di correnti. Il fatto è che la sinistra reale è diventata la prigione della sinistra legale, della sinistra rappresentante, della sinistra classe dirigente. Dietro quelle sbarre sta anche la sinistra riformista e di governo, la sinistra socialista–liberale e cattolico-liberale. E’ la contraddizione oggettiva che caratterizza la sinistra italiana e che ha tarpato le ali anche a Renzi. Se l’unica sinistra possibile è quella “reale”, con tutto il suo vissuto storico e con tutti i suoi tic ideologici, che senso ha andare a pescare in un altro mare un’altra base di consenso, un’altra sinistra? Scatta così, anche nei più audaci, la sindrome antica del Extra Ecclesiam nulla salus, la paura del vuoto. Così, invece di cercare altrove, si accendono lotte feroci, polemiche noiosissime e inconcludenti, all’interno della sinistra legale per conquistare la maggioranza nella palude immobile della sinistra reale.
Imparare da Salvini
Salvini nelle elezioni del 2013 aveva conquistato 1.390.014 voti (il 4,1%). Era sull’orlo dell’irrilevanza. Per cinque anni ha condotto un’opposizione senza quartiere ai governi in carica, ma, soprattutto, ha elaborato e comunicato una cultura politica e delle proposte programmatiche relative a Europa, immigrazione, sicurezza. Nel 2018 i voti sono arrivati a 5.691.921 (il 17,37%). Un anno dopo, elezioni europee 2019, gli elettori di Salvini sono 9.175.108 (il 34,4%). Un miracolo? No, c’è del metodo in questo successo. Esso consiste semplicemente nel prendere sul serio le domande, nel porsi in atteggiamento di ascolto. In questo caso, la domanda principale riguardava e riguarda essenzialmente la sicurezza, di cui quella di ordine pubblico è solo una piccola parte.
Più in profondità, si tratta delle certezze/incertezze circa lavoro e benessere di chi si sente messo sotto scacco dalle dinamiche della globalizzazione. La domanda di sicurezza è una domanda elementare, una domanda etologica. E’ la domanda politica per eccellenza. Le risposte sono poco credibili, sono improbabili? Chi le ha votate vi ha comunque intravisto un’attenzione e un’accoglienza, le ha preferite o a troppe risposte o a nessuna. Chi non le ha votate, non avendo a disposizione nessuna risposta alternativa coerente, si è rifugiato nell’attesa astensionista. Vi sono spiegazioni di comodo di questo successo, tutte riconducibili all’ignoranza, all’incompetenza, alle fake news, al “popolo bue”. Che, si sa, è sempre quello degli altri…
Per un nuovo inizio
Tuttavia, più forte delle menzogne sta sempre la verità sul Paese, se qualcuno ha voglia e coraggio di fare una battaglia di lunga durata attorno ad essa. Nel caso delle politiche dell’immigrazione, questa verità è arrivata da sinistra solo con Minniti, è arrivata tardi, è stata ferocemente contestata dall’interno della sinistra reale e da quella legale. Si dirà: il coraggio di Salvini è nato dal fatto che non aveva da perdere che le proprie catene. La condizione del PD oggi, con i suoi 6.089.017 di voti, avendo prosciugato ogni spazio alla sua sinistra, non è simile? Questa sinistra è capace di verità e di salvezza per il Paese? Non pare, non più. Né pare funzionare la tecnica del barone di Münchhausen, quella di tentare di sollevarsi dalla plaude, afferrandosi per i propri capelli. Resta solo un’altra via: quella di riconnettersi alle acque correnti, che passano lontano di lì. Occorre scavare alacremente canali verso l’esterno. E ripartire daccapo. E’ tempo di un nuovo inizio, quello che è mancato al vecchio PD, alla vecchia sinistra PCI-DC.
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.