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La strategia genocidaria di Hamas

Giovanni Cominelli mercoledì 18 Ottobre 2023
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di Giovanni Cominelli

 

Coloro che sfilano democraticamente qui nel largo Occidente che va dai campus americani alle nostre Università e scuole e piazze, sventolando le bandiere di Hamas e dei Palestinesi, procedono con questo sillogismo: “Occidentale” vuol dire colonialista e imperialista, americano e/o europeo”; Israele è paese occidentale; Israele è colonialista e imperialista.

Hamas usa il terrore? Sgradevole, ma obbligata e disperata reazione. Gli Ebrei non fanno lo stesso ogni giorno, fin dagli anni ‘30? Vogliamo dimenticare il massacro del villaggio palestinese di Deir Yassin del 9 aprile 1948, quando i sionisti appartenenti all’Irgun e alla Banda Stern uccisero un centinaio di civili, tra cui donne e bambini e espulsero il resto degli abitanti? E nascondere sotto il tappeto il 1956, il 1967, il 1973 fino alle colonizzazioni selvagge dei nostri giorni in Cisgiordania ecc…?

La maggiore del sillogismo è un falso storico, che solo un’incosciente ignoranza “democratica” può sventolare nelle piazze.  Quanto al terrorismo: non è solo una tecnica di guerra, feroce, cui si ricorre, quando non ci sono altre strade. È un’ideologia ben identificabile. Sì, bisogna capire le ragioni del terrorismo. Ma capire e giustificare sono due operazioni diverse, una intellettuale, l’altra etica.

Lo Statuto di Hamas

Ciò che ha mosso il terrorismo di Hamas in questi giorni non è principalmente una strategia militare, ma un’ideologia genocidaria. Ti uccido perché sei Ebreo. Non è disperazione, è dottrina. Basterà richiamare qui qualcuno dei 36 articoli dello Statuto del 1988 di Hamas –  Harakat al-Muqawama al-Islamiyya – il Movimento di Resistenza Islamica, fondato nel 1987, durante la prima Intifada palestinese. “Statuto”, perché “Costituzione” è solo il Corano! E basta.

Nella Premessa: “Israele sarà stabilito e rimarrà in esistenza finché l’islam non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui”. Art. 6: “Hamas si sforza di innalzare la bandiera di Allah su ogni metro quadrato della terra di Palestina”. Art. 7: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani non li uccideranno”.

Art. 8: “Dio come scopo, il Profeta come capo, il Corano come costituzione, il jihad come metodo, e la morte per la gloria di Dio come più caro desiderio… fino alla proclamazione dello Stato islamico”.  Art. 11: “Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito, terra islamica affidata alle generazioni dell’islam fino al giorno della resurrezione”.

Art. 13: “Le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali per risolvere il problema palestinese contraddicono tutte le credenze del Movimento di Resistenza Islamico”.

Difficile continuare a sostenere, come si fa anche il PD, che Hamas non è l’ISIS, di cui pertanto non è pensabile la distruzione, ma il gruppo dirigente con il quale bisognerà trattare, perché destinato a dirigere non solo i Palestinesi di Gaza, ma anche quelli della Cisgiordania, oggi sotto la screditata Autorità Nazionale Palestinese. Hamas è una variante del fondamentalismo sunnita. Ed è la ragione profonda della convergenza con quello sciita e, pertanto, dell’uso politico che l’Iran sta facendo e intende continuare a fare della questione palestinese.

I fondamentalismi religiosi e “la teologia della Terra” in Medioriente

Si fa fatica qui nella nostra Europa democratico-illuminista a comprendere le ragioni di un conflitto accanito e mortale.

Se c’è un luogo dove la religione innerva la politica, questa è il Medioriente ebraico-israeliano e arabo-islamico. Si tratta della “teologia della Terra”. Essa condiziona l’inizio della liberazione e della redenzione e l’arrivo del Messia alla (ri)-conquista della Terra, nella quale Dio ha incontrato e eletto il suo popolo.

È l’ideologia di “Eretz Israel”, la Terra d’Israele. Nelle correnti del sionismo religioso e di quelle ortodosse radicali dell’Ebraismo solo il ritorno a Gerusalemme può dare inizio al processo messianico della salvezza e della redenzione.

Il sionismo laico-socialista ha tentato di laicizzare questo messianismo per trasformarlo in “religione civile”, posta a base della democrazia israeliana. Ma il tentativo è fallito e questo ha segnato la fine del Mapam e del successore di Meretz, partiti di sinistra laica e socialista, e l’ascesa di una destra radicale.

Il mancato scioglimento dell’intreccio tra identità religiosa ebraica e entità statale israeliana, separando religione e Stato, ha portato al fallimento degli Accordi di Oslo del 20 agosto 1993, firmati il 13 settembre da Rabin e Arafat.

Essi furono approvati solo da 61 parlamentari della Knesset, 50 votarono contro, 8 si astennero. Prevedevano il ritiro di Israele da aree della Striscia di Gaza e della Cisgiordania e il diritto palestinese all’autogoverno attraverso la nascita dell’Autorità nazionale palestinese. (Anp). Molta parte della popolazione israeliana però ha continuato a sognare “Eretz Israel”.

Così il 4 novembre del 1995 Rabin fu assassinato da uno studente israeliano. L’ebraicizzazione della statualità israeliana si è radicalizzata in questi anni, sotto la guida di Netanyahu, sempre più condizionato da gruppi fondamentalisti, cui poco interessa la democrazia e assai di più la riconquista di “Eretz Israel”.

Sul fronte di Hamas, l’art. 7 dello Statuto di Hamas è chiarissimo: “L’Ultimo Giorno non verrà, finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: o musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo…”. Art. 13: “Dobbiamo instillare nelle menti di generazioni di musulmani l’idea che la causa palestinese è una causa religiosa”.

A nessun Greco verrebbe mai in mente di riconquistare la Magna Grecia né a nessun Cristiano di riconquistare Gerusalemme. In realtà, sì, ci venne in mente. Correva qui da noi l’anno 1096. Il sogno fondamentalista cristiano finirà nel 1270. Ci provò Gregorio X a lanciare una nona crociata nel 1274. Non gli diede retta più nessuno. Il Cristianesimo ha de-territorializzato e spiritualizzato la Terra promessa. Cristo non è un leader sociale e politico. È senza Terra.

Ma nel Medioriente il fondamentalismo religioso continua a insanguinarla. Contro il quale le uniche armi continuano ad essere il diritto internazionale, lo stato di diritto, la laicità come separazione della religione dal diritto, la Torah e il Corano dalla Costituzione. L’insorgenza fondamentalista – si pensi anche a quella indù o buddistico-birmana – continua ad essere una minaccia per la pace mondiale e per la democrazia. La costruzione delle quali richiede discernimento e coscienza storica. Compito urgente e tuttora gravemente inevaso per il sistema scolastico e universitario, per i media, per i partiti.

 

Editoriale da www.santalessandro.org il 18 ottobre 2023

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