di Elisabetta Corasaniti
Sembra una crudeltà, lo ammetto, infierire contro il sottosegretario Castelli. Già mandarla in televisione, in ogni canale, a fronteggiare prima Cottarelli (nel 2017 dalla Gruber, quando sostenne che il suo voto per un possibile referendum sull’uscita dall’euro era incomunicabile perché segreto), poi addirittura nel salotto della tv italiana, dal Vespa nazionale, a dialogare di spread con l’ex Superministro Padoan, sembra quasi configurare ipotesi di reato da circonvenzione di incapace. In buona sostanza, inferiscono i suoi capi partito, appare irragionevolmente ingiusto insistere.
Questo lo dice lei
In fondo è semplice. Lui, Carlo Padoan, economista di fama mondiale, docente in varie università in Italia e all’Estero, ex direttore per l’Italia del Fondo monetario internazionale, capo economista dell’OCSE, due volte ministro dell’Economia dice «Ora le spiego una cosa, che forse non le è chiara. Se aumenta lo spread, diminuisce il valore capitale degli attivi delle banche e, quindi, le banche si devono rifare alzando il costo del finanziamento» . Per lei invece, Laura Castelli, gli effetti dello spread sui tassi d’interesse delle banche è materia soggetta a interpretazioni. E ribatte un ‘’Questo lo dice lei’’ di fronte ad un impietrito ed incredulo Padoan.
Invero, la frase della figlia dell’illuminismo Castelli, ‘’questo lo dice lei’’, assume dei connotati più profondi. E’ un simbolo, al pari di Salvini sulla Ruspa o dei congiuntivi (quegli sconosciuti) del ministro Di Maio.
Finita nel mirino della satira da social network, la Castelli si difende in modo definitivo, imponendo silenzi assordanti e confusi: “Non è che perché uno ha studiato più di un’altra, quello che ha studiato ha per forza ragione”.
Per di più, posta un grafico del Sole 24ore (ed è sufficiente perché il suo elettorato assurga le sue tesi a verità assolute) e viene prontamente smentita dal noto quotidiano il giorno successivo (“signora, ha capito male”).
“Questo lo dice lei” è la solita formula facile, usata per delegittimare gli esperti come membri di una “élite” che non è in contatto con la gente comune e che quindi automaticamente è nemica del popolo.
Populismo vs competenza
E’ il gioco per cui una verità scientifica comunemente condivisa viene sostituita da realtà individuali.
E’ l’arma principale di una classe politica che sta cercando di polverizzare ogni discorso sulla meritocrazia e la competenza a colpi di populismo. il populismo è un modo di costruzione del discorso politico che abbassa il proprio quoziente intellettivo al di sotto di quello della media, fa promesse che non sa (o non si rende conto) di non poter mantenere e arriva addirittura a minimizzare i titoli di studio pur di dimostrare che la vera forza è quella del mitico popolo, non certo quella della classe dirigente.
ll pericolo mortale della grossolanità è che la politica e la competenza si traducano nel vuoto culto dell’improvvisazione, che destruttura la gestione dell’attività statale.
E’ la politica che inserisce l’incompetenza dell’onestà (cfr vicenda Di Maio padre) nelle istituzioni come una ventata di aria fresca e spontaneità. Ma la società civile trionfante non ha preoccupazioni a lungo termine e lo slogan sempre nuovo di Beppe Grillo “Mandiamoli tutti a casa” distrugge le condizioni di base per una democrazia competitiva.
E’ la politica Tinder: scorri verso sinistra o verso destra per ottenere esattamente quello che vuoi, senza pensare troppo. Chiunque si intrometta è parte di una corruzione oscura capeggiata da giornali, giudici e immigrati .
Non c’è nulla di losco in queste sortite: tutto viene fatto sotto il riflettore (compiaciuto) dei media.
In questa transizione oscura, il pressappochismo e l’improvvisazione selvaggia, insieme alla speculazione elettorale e la suggestione verso l’audience meno smaliziata, è senza responsabilità.
E’ la triste immagine di un paese in affanno ma con un governo orgoglioso di esserlo. E così, tra dirette social di dubbio gusto, “Ciaoni”, strafalcioni grammaticali e un tasso di ignoranza da risultare surreale, anche a chi resiste alla tentazione di smettere di pensare, non resta che sorridere davanti all’ennesima boutade.