di Danilo Di Matteo
Concordo appieno con Giorgio Tonini. Il centrosinistra, per lasciar intravedere una prospettiva di governo, dovrebbe rifondarsi a iniziare da un dialogo fecondo, promosso da un Pd profondamente rinnovato, fra le sue tre punte: i dem, appunto, i 5s, espressione soprattutto del disagio e dei bisogni del Mezzogiorno, delle sue fragilità, i cosiddetti neocentristi di Calenda e Renzi, che danno voce principalmente a ceti e forze dinamiche del Nord, volte a far valere i propri meriti e le proprie capacità, anche sul mercato del lavoro.
E provo a dare ulteriore forza a ciò che Tonini dichiara con qualche nota a margine, a mo’ di contrappunto. Un Pd rinato potrebbe ad esempio ispirarsi ancor più radicalmente alla lezione del grande Amartya Sen: il mondo (del lavoro, e non solo) è popolato da agenti morali, in grado di dire e di dare, con un notevole peso contrattuale, e da pazienti morali, a rischio costante di esclusione e, dunque, da tutelare. Non solo: lo stesso individuo, nel corso della propria vita, può oscillare tra le due condizioni (i celebri “rovesci di fortuna”, sempre dietro l’angolo, e non di rado corresponsabili delle patologie psichiatriche che osservo quotidianamente). La vocazione dei dem dovrebbe esser quella di coniugare e armonizzare i due volti della nostra comune umanità: forza e debolezza, vulnerabilità e ambizione. Promuovendo davvero l’alleanza dei meriti e dei bisogni.
Poi, però, per la riuscita dell’impresa, molto dipenderebbe dalle altre due punte. In Germania l’alleanza tra Verdi, Socialdemocratici e Liberali – il celeberrimo “semaforo”, sul quale da noi si è fatta tanta ironia – funziona egregiamente anche perché, ad esempio, le due “ali”, pur su un piano di piena dignità e pur contribuendo in maniera decisiva alla linea e all’organigramma dell’esecutivo, sostengono lealmente il Cancelliere espresso dalla Spd. Da noi, e non vorrei cadere nella volgarità politica, anche i bambini conoscono le aspirazioni verso Palazzo Chigi addirittura di tre leader di due delle tre punte: di Giuseppe Conte e Matteo Renzi (entrambi già premier) e di Carlo Calenda. È evidente come, persistendo ciò, il migliore dei Pd possibili fallirebbe nel suo compito. Altro che armonizzazione.
Dovremmo dunque diventare tutti tedeschi? No, e neppure sarebbe possibile. Potremmo però guardare con più umiltà al “semaforo” e unire alla ricerca di una visione comune della società italiana, invocata da Tonini, atteggiamenti e modi di porci più ragionevoli e dimessi.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).