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Le vite intrecciate di Terracini e Macaluso

Danilo Di Matteo martedì 26 Marzo 2024
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di Danilo Di Matteo

 

Avevo esattamente dieci anni quando “conobbi” Umberto Terracini, leggendone un’intervista. Era il 1981 e l’anziano esponente comunista mi sedusse. Riguardo ai referendum abrogativi di quell’anno, ad esempio, esprimeva il proprio “Sì” a tutti e quattro i quesiti proposti dai radicali (mentre il Pci sosteneva, timidamente, solo quello per l’abolizione dell’ergastolo), oltre, ovviamente, al “No” rispetto all’abolizione del nocciolo della legge 194, sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Un esempio di persona che sceglie; che sceglie, in particolare, in maniera libera. In ciò consisteva, etimologicamente, il suo carattere eretico. L’aggettivo che più ricorre, forse, quando si parla di lui.

Ne trassi spunto per approfondire la storia del Pcd’I e del Pci. Seppi, ad esempio, della linea di frattura che percorse il movimento comunista nel 1939, in occasione del patto Molotov-Ribbentrop. E l’anno dopo, nel 1982, vidi in tv il volto della “passionaria italiana”, Camilla Ravera, divenuta senatrice a vita.

Pian piano, negli anni, compresi che il Pci, per come si mostrava ai più, era stato per certi versi plasmato da Palmiro Togliatti e da Enrico Berlinguer. E, insieme, che la vicenda comunista italiana era assai più articolata e complessa: mi appassionai alle figure di Angelo Tasca (in particolare quando, nel 1988, seppi della figlia, Catherine, divenuta ministro in Francia), di Pietro Secchia, di Teresa Mattei e di altri e altre. Di Ignazio Silone sapevo già abbastanza.

Sarebbe però errato, a mio avviso, separare drasticamente la linea prevalente da quelle “ereticali”. Se Camilla Ravera – che tendo sempre ad associare a Terracini – è passata alla storia come la prima donna con il ruolo di senatore a vita, lo si deve anche al ruolo del Pci nella politica italiana. E qual è la vicenda rispetto alla quale il merito di Togliatti viene unanimemente riconosciuto se non la Costituente? Ebbene, la Costituzione, come è noto, reca in calce, dopo la firma del Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, la “controfirma” proprio di Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente, prima ancora di quella del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Per non dire di Secchia, il cui potere nel partito, accanto al “Migliore”, fu per non pochi anni enorme, come tutti sanno.

“Vite intrecciate”, insomma, più che “vite parallele”.

E Emanuele Macaluso, che nasceva un secolo fa, è stato un togliattiano tenace ed è divenuto noto a tutti negli anni di Berlinguer. Al tempo stesso viene ricordato come uno dei principali animatori ed esponenti dell’area migliorista e riformista del Pci e del Pds. Attento, insieme, a ciò che si muoveva, a sinistra, all’esterno del Pci e attento alla stessa vicenda dei radicali, dei quali condivideva ad esempio molte delle istanze relative alla giustizia e allo Stato di diritto, oltre alle grandi battaglie laiche e libertarie. Lo stesso Macaluso che, come mirabilmente scritto nella sua autobiografia (politica, e non solo) “50 anni nel Pci”, nutriva una profonda ammirazione proprio per Terracini, indicato come esempio e come modello.

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