di Amedeo Lepore
In un racconto allegorico di quasi quarant’anni fa, José Luis Sampedro illustrava ai giovani il concetto apparentemente ovvio, secondo cui “l’economia è una scienza sociale”. Tuttavia, aggiungeva che questa verità elementare, con l’andare del tempo, è stata dimenticata da molti economisti. In questo approccio, la conoscenza economica, privata dell’approccio sociale, si riduce a una risorsa meramente strumentale, nella condizione rassicurante di una disciplina simile alla fisica o alle scienze naturali, i cui metodi, però, sono inadeguati per comprendere la realtà umana.
I fautori dell’economia “positiva” sembrano ignorare, infatti, che una macchina differisce inevitabilmente da un animale e ambedue da una società. Eppure, il metodo di analisi deve essere sempre attinente alla natura di un oggetto di studio. Da qui l’esigenza di mostrare la differenza tra “un orologio, un gatto e il Madagascar”, come Sampedro titolava la sua novella. Mentre l’orologio può essere smontato e rimontato, mettendolo nuovamente in funzione, se si fa una completa dissezione di un gatto, per sua sfortuna, non sarà possibile dargli nuova vita. In quanto al Madagascar, l’idea di smontarlo non è proponibile. Esistono, infatti, strutture differenti, a seconda dell’appartenenza al sistema meccanico, biologico o sociale: non si possono impiegare gli stessi mezzi per investigarle.
Nonostante questa semplice constatazione, vi sono economisti che pensano di studiare i fenomeni sociali con criteri adatti unicamente a esaminare i complessi meccanici o, in qualche misura, quelli biologici. L’errore è serio quando si passa all’analisi dei processi sociali: “[…] le società variano in modo imprevedibile, perché si trasformano autonomamente. Gli esseri umani sono fatti della società in cui sono nati, ma sono anche i creatori di quella che lasciano. Pensare che lo sviluppo sociale possa essere compreso riducendolo al funzionamento meccanico dell’orologio o alla traiettoria di vita del gatto è un’assurdità”. Secondo Sampedro, le due principali motivazioni di questa forma di distacco dalla realtà sono l’attrazione intellettuale per i metodi matematici, che danno all’economista la sensazione confortevole di plasmare verità, e la razionalizzazione di un “sistema sociale di mercato”.
In questo modo, “l’aggiustamento dell’offerta e della domanda può comportare che i ricchi abbiano latte per i propri gatti, mentre i poveri non possano comprarlo per i propri figli”. Sampedro precisava, tuttavia, che la sua contrarietà al sistema del mercato senza regole era il frutto di un “anacronismo storico”, dato che in altre epoche il mercato aveva contribuito alla liberazione di “nuove forze creative”, legittimando il potere del denaro contro quello della rendita. In questo quadro, l’allontanamento del mainstream economico dai problemi reali è dovuto all’impiego di verità parziali come se fossero assolute, ovvero alla riduzione della complessità delle relazioni umane in Madagascar al funzionamento dell’orologio o, al massimo, alla vita del gatto.
L’alternativa a questo tipo di economia esiste, come ha sottolineato su queste colonne Romano Prodi, e si può trovare in un’analisi strutturale, che faccia ricorso a una visione diacronica per cogliere i processi di mutamento sociale e di sviluppo economico. Infatti, una teoria economica aggiornata dovrebbe combinare le tecniche quantitative (econometria, statistica, informatica) con la comprensione storica. Si tratta di un metodo sicuramente meno rapido di quello invalso negli ultimi decenni, ma che permette di progredire “verso la conoscenza del cambiamento sociale per contribuire ad esso” e di spostarsi “verso il futuro”, unendo “le forze profonde della storia”.
Il racconto dell’economista spagnolo si affidava alla metafora dell’orologio, del gatto e del Madagascar per sostenere una concettualizzazione dell’economia adeguata alla logica dei tempi, al suo carattere di scienza sociale e alla possibilità di effettuare analisi e previsioni legate agli eventi concreti. Il suo saggio, scritto in forma didascalica, può contribuire a un dibattito ancora aperto, che affida alla metodologia storico-economica un compito importante, favorendo il rinnovamento delle scienze sociali e la ripresa di contatto con il mondo reale da parte della teoria economica, come strumento indispensabile per l’interpretazione del contesto attuale e la costruzione di un destino diverso. Un tema per nulla lontano dai compiti tangibili che derivano dalla prospettiva di uscita dalla crisi pandemica e dalla necessità di fondare un nuovo modello di sviluppo, in cui Stato e privati non siano più contrapposti.
È stato assessore alle Attività produttive della Regione Campania. Professore di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli e docente presso il Dipartimento di Impresa e Management della Luiss – “Guido Carli” di Roma. È componente del Consiglio di Amministrazione e del Comitato di Presidenza della SVIMEZ. Ha pubblicato volumi e saggi, in Italia e all’estero e di recente: La Cassa per il Mezzogiorno e la Banca Mondiale: un modello per lo sviluppo economico italiano, Rubbettino; Mercado y empresa en Europa,Universidad de Cadiz