di Ilaria de Virgiliis
Ho passato le mie vacanze estive in Asia Orientale, in Corea del Sud, a Seul per essere precisi. Questa decisione mi ha permesso di incontrare e conoscere una cultura diversa da quella europea e di osservare l’Italia dall’esterno.
Osservando il nostro Paese da lontano mi sono accorta che in Italia abbiamo perso qualcosa di molto importante: la nostra vera identità. Perché diciamocelo, noi non siamo un popolo di razzisti paurosi del futuro. Noi siamo un popolo di inventori, sognatori, artisti, in altre parole siamo un popolo alla ricerca del bello e della cultura.
Identità nazionale
A Seul ho visto una profonda unità nazionale, il tessuto sociale non lasciava nessuno escluso, tutti lavoravano per il progresso tecnologico e del Paese, non vi era alcun tipo di corruzione o criminalità, perlomeno di quella immediatamente visibile.
L’identità e l’unità nazionale è invece qualcosa che noi italiani abbiamo perso per strada ed i nostri rappresentanti riflettono al meglio la decadenza della società italiana, lo stato in cui versa il nostro Belpaese. Le dichiarazioni giornaliere (fatte quasi esclusivamente su Facebook) del Governo lasciano a intendere che esso preferisca intrattenersi con polemiche, dichiarazioni altisonanti e diffusione di pensieri economici e finanziari utopici, piuttosto che occuparsi seriamente degli italiani.
Ogni tanto mi guardo intorno e mi chiedo: quando abbiamo smesso di amare il nostro Paese, credere nella scienza e nel progresso, quando abbiamo gettato la spugna? Dobbiamo smettere di sottovalutarci, iniziare a rispettare il prossimo e ricordarci finalmente che siamo nel G7, siamo una delle sette economie più forti del mondo, questo nonostante tutti i problemi che abbiamo tra furbi, criminalità organizzata ed evasori fiscali.
L’identità nazionale è solo la prima cosa che abbiamo perso nell’ultimo ventennio dominato da una destra forte e una sinistra che ha fatto del suo meglio per discreditare la politica agli occhi dei cittadini, solo per poi sorprendersi delle conseguenze delle proprie azioni, una volta al Governo.
Rispetto
I coreani, per ciò che ho avuto l’occasione di vedere, hanno un profondo rispetto per il prossimo, in particolare per le persone più anziane. Le donne sono profondamente rispettate e non ho scorto nemmeno l’ombra di una molestia a sfondo sessuale.
In Italia abbiamo perso il rispetto. Parlo in particolare del rispetto per le opinioni diverse e del rispetto per il lavoro degli altri. In Corea ho avuto modo di osservare quello che nel profondo sapevo già, ovvero che ogni impiego ha una propria dignità, ho visto persone che per lavoro raccoglievano scatoloni vecchi e altri che vendevano frutta e verdura del proprio orto nei sottopassaggi, in quel Paese nessuno si sognerebbe mai di dire “va a zappare la terra” per offendere qualcuno.
Le offese ormai da qualche anno dominano la scena dei social network. Il linciaggio e i commenti denigratori sono ormai la norma. Qualche giorno fa è uscito sul Corriere della Sera un pezzo su un ragazzo di 17 anni che è riuscito ad entrare nella giovanile dell’Udinese. Un articolo innocuo sulla bravura di un ragazzo, se non fosse per i commenti carichi di odio e invida che ha ricevuto solo per essere il figlio di Matteo Renzi.
Molti dicono che la fase della seconda repubblica si è conclusa e non posso che essere d’accordo, la Repubblica Italiana è davvero cambiata. Probabilmente lo dobbiamo tutto al comico che ha costruito la propria fortuna e il proprio partito su diffamazioni e offese gratuite per fare audience ed acchiappare la parte più fragile del nostro popolo, quelli che credono che basti il cosiddetto reddito di cittadinanza per vivere una vita dignitosa, ma che dignità c’è a stare a casa senza far nulla e percepire 780 euro al mese?
I Ministri che ci ritroviamo al Governo, in continua campagna elettorale, denudano ancora una volta la fragilità del modello democratico. La democrazia funziona solo quando vi è unità tra i cittadini, un valore di fondo, un’economia forte e quando i suddetti godono di uno stato di istruzione medio-alto. Se anche uno solo di questi prerequisiti è assente, la democrazia si trasforma in una forma di populismo. Non posso fare a meno di notare sempre più similitudini tra il nostro tempo e la Repubblica di Weimar dell’inizio del XX secolo, gli italiani non hanno più rispetto per la vita umana, sembra quasi che vivano la tragedia della morte quasi fosse un film, con un’indifferenza atrofizzata dai propri problemi di ogni giorno o con un sorriso sinistro e il pensiero “Uno in meno da mantenere”.
Dignità
Dignità è la parola che ha sostituito al Governo la parola Onestà, che ha dominato tutta la fase dell’opposizione di un movimento politico nato “ufficialmente” per abbattere la vecchia classe dirigente. Suddetto Movimento, tuttavia, ha preso la decisione di governare l’Italia con il partito che per vent’anni ha governato l’Italia al fianco di Berlusconi.
Il primo Decreto Legge emanato da questo Governo prende il nome “Decreto Dignità” secondo le stime della Ragioneria dello Stato porterà alla perdita di minimo 80.000 posti di lavoro, queste persone (perlopiù giovani precari) saranno, grazie al Ministro del Lavoro, dignitosamente disoccupati.
Questo Governo forse non ha ancora capito che per creare lavoro bisogna alleggerire le regole già presenti, non introdurne di nuove, specialmente in un Paese come l’Italia dove regna la Regola del più Furbo. Se solo riuscissimo ad estirpare, o almeno ridurre l’evasione fiscale e la corruzione, non avremmo problemi a superare il PIL dei nostri partner europei. Purtroppo però questa è un’utopia, l’Italia ancora non riesce a curarsi dal cancro della corruzione, della criminalità organizzata e dell’evasione fiscale.
Umiltà
I coreani sono persone molto umili e lavoratori instancabili, non pretendono di mettere bocca in cose che non li competono, in breve: sanno di non sapere. In Italia invece l’umiltà non va più tanto di moda. Siamo sempre più siamo convinti di avere la verità in tasca, anche quando ne va della nostra salute, pensiamo solo all’assurdo dibattito sui vaccini e sulla loro presunta pericolosità per la salute. La cosa che mi sorprende di più non è tanto la supponenza di alcune persone, che dopo una ricerca su su Google pensano di saperne di più di professionisti che hanno passato anni a studiare, quanto il perché questo dibattito non abbia ancora toccato le altre cure, quali la chemioterapia o un qualsiasi intervento chirurgico.
Verità
È oramai appurato che viviamo in un’epoca in cui la veridicità delle notizie è una cosa del passato, personalmente mi piace definire questo periodo con il “Medioevo di Internet”, dopo un’iniziale boom di informazione, con ogni tipo di informazione disponibile nel giro di pochi minuti, nel web si è sviluppata una tendenza al negazionismo di qualsiasi concetto, anche solo perché espresso da una persona di derivazione politica diversa rispetto alla propria. Il Web ha dato voce a tutti. Nel bene e nel male, sulle piattaforme social la voce di un medico e di un operaio hanno lo stesso peso anche su argomenti che competano più a l’uno che all’altro.
Da anni viviamo in una faida eterna che lentamente sta corrodendo tutto il sistema sociale del Paese e i nostri rappresentanti politici per primi dovrebbero combattere questa tendenza invece di giustificare e fomentare l’odio. Penso sia assolutamente necessario un cambiamento, ma questo cambiamento deve partire da ognuno di noi, se vogliamo avere persone oneste e competenti al Governo, dobbiamo prima diventare onesti e competenti noi. Dobbiamo diventare la versione migliore di noi stessi.
Dobbiamo smetterla di farci la guerra tra di noi, lavorare per eliminare le menzogne e diventare un po’ più rispettosi, onesti, un po’ più “asiatici”.
Specializzata in Diritti Umani presso l’Università di Londra e da sempre impegnata in politica, ha lavorato con diversi parlamentari inglesi. Tornata in Italia nel 2015, ha collaborato con alcuni senatori del Partito Democratico sui temi del lavoro e del welfare europeo. Oggi è responsabile delle Politiche europee per Economy Dem e consulente per la Comunicazione politica presso un’associazione di categoria.