di Ileana Piazzoni
La prima premessa è che detesto i processi sommari. La seconda è che in una situazione nuova e difficile come quella che è capitata addosso al mondo nell’inverno scorso, è piuttosto naturale che si commettano errori.
Ma non è accettabile che ci si rifiuti di esaminare la realtà per quella che è stata, dato che dal giudizio che si dà su quello che è avvenuto dipende quello che avverrà nei prossimi mesi.
Ho sempre pensato, e detto in tutte le salse in questo luogo, che chiudere in lockdown tutta l’Italia fosse assurdo. Lo fosse soprattutto considerando che è stato fatto quasi in contemporanea con la chiusura della Lombardia, che evidentemente doveva essere chiusa prima e anzi tutti ci chiedevamo perché non avvenisse.
Ma per un principio di precauzione, portato alle estreme conseguenze, ci poteva stare: mentre capiamo che sta succedendo, non corriamo rischi. Quello che è stato davvero incomprensibile è il prolungamento del lockdown in tutta Italia per due mesi e mezzo. Quando era chiarissimo quello che si doveva fare, e che in effetti poi si è fatto e si sta facendo. Ma dopo due mesi e mezzo persi. Vale a dire testare, tracciare, trattare, seguendo i percorsi di contagio, isolando i focolai. Quello che si sta facendo oggi e che nell’Italia centromeridionale poteva essere fatto da subito, visto che i dati non sono mai stati molto diversi. Del resto, erano in molti gli scienziati che lo dicevano. Scopriamo ora che lo dicevano praticamente tutti, persino quelli riuniti nel Comitato Tecnico-Scientifico che sono sempre stati la punta estrema della cautela.
Oggi Speranza dice che con il lockdown abbiamo salvato l’Italia. E’ un’affermazione che non ha alcun riscontro scientifico e tantomeno fattuale, ma l’evidenza che ci porta a vedere come da noi il virus circoli meno che in altri paesi dà credibilità all’affermazione (per ora). Oltre a questo, ho capito che ormai in questo paese (forse anche in altri, ma non lo so) è ampiamente diffusa una sorta di ideologia del lockdown, che ha intercettato perfettamente un sentire comune di una popolazione poco preparata sul piano scientifico, in balia di un sistema di informazione ridicolo e soprattutto nelle condizioni socioeconomiche di potersi permettere una chiusura prolungata generale. Senza tenere in nessuna considerazione gli effetti negativi del lockdown sul piano psicologico, con ricaduta devastante sul piano economico. Ricadute che – mi permetto di ricordare – non si sono ancora dispiegate pienamente grazie al fatto che da mesi vengono iniettati nel paese sussidi di ogni tipo, fortunatamente – ma momentaneamente e in buona parte in forma di prestito – coperti dall’Unione Europea.
C’è persino chi è stato meglio in questo periodo che in periodo “normale”.
Se non si considerano gli effetti negativi, è ovvio che il lockdown assume le sembianze di una semplice via sicura che “in fondo non costa nulla, basta stare in casa ”. Con chi pensa questo, e sono tanti, è del tutto inutile discutere, perché è come parlare degli effetti di una dieta drastica considerando solo le conseguenze sul peso, e non sul resto della salute.
Quando a marzo, ma soprattutto ad aprile (e ahimé maggio), chiedevamo perché non si fosse ancora messo in campo il sistema di tracciamento che aveva approntato il Veneto, riuscendo a contenere l’epidemia, ci veniva risposto da molti in tono stizzito che non era il momento, che quello era il momento della chiusura e soltanto dopo si poteva pensare ad altro. Rispondevamo che non era così, che il ritardo nell’approntare il sistema era ingiustificato e costringeva a un inutile prolungamento del lockdown. Oggi Crisanti lo spiega di nuovo bene, e l’altro giorno abbiamo scoperto che a volersi sostituire alla scienza non eravamo noi che sostenevamo questo, ma alcuni politici che hanno fatto scelte diverse rispetto a quanto suggerito dalla stessa scienza. Legittimo, sia chiaro: lo andiamo ripetendo da mesi che le decisioni spettano alla politica. Che poi però, evidentemente, ne deve rispondere.
Ora, a me importa davvero poco che si stabiliscano le colpe. Importa sicuramente a chi dal lockdown è stato rovinato. Ma per il momento “sorvolo” su questo “dettaglio”.
Mi importa che il dibattito pubblico possa essere all’altezza della situazione, fornendo alla popolazione gli elementi fondamentali per capire cosa sta succedendo e di conseguenza guidarla ai comportamenti appropriati, per salvare la vita propria e degli altri, e consentire al paese di non precipitare in una crisi senza fine.
Esperta di politiche sociali. È stata consigliere comunale ed assessore alle Politiche Sociali del comune di Genzano (Rm). Ha lavorato presso le segreterie politiche della Presidenza del Consiglio Provinciale di Roma e dei Gruppi del Consiglio Regionale del Lazio. Eletta nel 2013 deputata con SEL, nel 2014 sceglie di sostenere l’esecutivo Renzi e aderisce al PD. È stata Segretaria della XII Commissione (Affari Sociali) della Camera dei Deputati e relatrice del disegno di legge sul contrasto alla povertà.