di Carlo Fusaro
Nel 1993 quando si introdusse l’elezione diretta dei sindaci (senza della quale non so neppure immaginare come sarebbero oggi i nostri comuni) si previde, insieme all’investitura del vertice del governo comunale, opportunamente il limite dei due mandati. Credo che non ci sia bisogno di spiegare perché.
Dopo 30 anni si fa marcia indietro.
Resta per fortuna per i comuni maggiori (da 15.000 abitanti in su). Sale a tre mandati nei comuni da 5.000 abitanti a 15.000. E viene abolito (qualsiasi limite) sotto i 5.000.
Sembra una cosa ragionevole. Dice: si fa sempre più fatica a trovare persone disposte a fare il sindaco… E poi, che vuoi che sia i microcomuni…
Beh, a parte che numeri alla mano si tratta della stragrande maggioranza dei comuni italiani, non si riflette abbastanza (e non si studia) su cosa accade nei comuni minori.
Perché in un comune medio o grande l’attenzione dei media e del pubblico è grande: non è che il sindaco di Firenze o anche di Bagno a Ripoli può mettersi a favorire (pensate all’urbamistica e all’edilizia!) questo o quello, magari un lontano parente. Non durerebbe una settimana.
Ma nei comuni piccoli sì che gli interessi si intrecciano e la trasparenza sparisce. Ci siamo domandati perché all’Elba (è il primo esempio che mi viene) sopravvivono sette comuni per 32.000 abitanti in tutto e perché al referendum dell’anno scorso si sono pronunciati contro il comune unico (il minimo sindacale per una razionalizzazione dei costi e il miglioramento dei servizi)?
Per questo la scelta dei sindaci a vita per i comuni sotto i 5.000 è l’ennesima scelleratezza reazionaria.
Presidente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. Già professore ordinario di Diritto elettorale e parlamentare nell’Università di Firenze e già direttore del Dipartimento di diritto pubblico. Ha insegnato nell’Università di Pisa ed è stato “visiting professor” presso le università di Brema, Hiroshima e University College London. Presidente di Intercultura ONLUS dal 2004 al 2007, trustee di AFS IP dal 2007 al 2013; presidente della corte costituzionale di San
Marino dal 2014 al 2016; deputato al Parlamento italiano per il Partito repubblicano (1983-1984).