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L’insegnamento sociale di papa Francesco otto anni dopo: i 4 punti decisivi

Josep Maria Carbonell lunedì 15 Marzo 2021
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di Josep Maria Carbonell

A otto anni esatti dall’elezione di Papa Francesco in molti si domandano quali siano le intonazioni particolari che egli ha dato all’insegnamento sociale della Chiesa.

Ovviamente ciascun papa non procede per salti bruschi e le coordinate fondamentali rinnovate sono state date dal Concilio Vaticano II, ponendo allora come ineludibili per qualsiasi legittima scelta il rispetto della vita e della sua dignità, la ricerca della giustizia e dell’equa distribuzione dei beni comuni, con un’attenzione preferenziale ai più poveri della società.

Indubbiamente rispetto ai due pontificati precedenti e alla curvatura ulteriore data da qualche episcopato, ultimo dei quali ancora quello nordamericano, è venuta meno la retorica dei cosiddetti principi non negoziabili, ristretti in ultima analisi alla legislazione penale sull’aborto, che portava ad una sintonia più naturale con la destra politica. Tuttavia vari interpreti fanno fatica a individuare la pars construens di Francesco, lo accusano a torto di populismo, di peronismo, di non capire la realtà dei Paesi avanzati, come se avesse mantenuto la logica strutturalmente semplificatoria dei principi non negoziabili, semplicemente sostituendo alcuni temi con altri. Invece il papa è portatore di un paradigma molto più complesso e raffinato, esposto soprattutto nella Evangelii Gaudium, che si può sintetizzare in quattro punti.

Il primo è che il tempo è superiore allo spazio. Afferma cioè che c’è una tensione bipolare tra pienezza e limite. Propone che quando dobbiamo discernere, nella nostra azione politica, lavoriamo a lungo termine. Ci chiede di non lasciarci condizionare dalla pressione dello spazio che vogliamo sempre possedere e di avviare processi di trasformazione. Ci chiede di guardare lontano e afferma addirittura che è un peccato privilegiare gli spazi di potere sui tempi dei processi. E prosegue: niente ansia, ma chiare convinzioni e tenacia.

Il secondo è che l’unità prevale sul conflitto. Chiede a noi cristiani di lavorare per la comunione nelle differenze e ci ricorda le Beatitudini: “Beati coloro che lavorano per la pace”. Papa Francesco non vuole negare il conflitto, ma afferma che quando siamo intrappolati in esso, perdiamo la prospettiva, gli orizzonti sono limitati e la realtà stessa è frammentata. Propone una comunione nelle differenze, perché l’unità dello Spirito armonizza tutte le diversità.

Il terzo è che la realtà è più importante dell’idea. C’è anche una tensione bipolare tra idea e realtà. La realtà semplicemente esiste, l’idea è elaborata. Ciò significa evitare vari modi di nascondere la realtà: i purismi angelici, i totalitarismi del relativo, gli eccessi di dichiarazioni non legate ad azioni, i progetti più formali che reali, i fondamentalismi astorici, l’etica senza gentilezza, gli intellettualismi senza saggezza. Quanta verità c’è qui! Quanto dolore è stato fatto al mondo quando si è voluto anzitutto imporre certe idee alla realtà. Quanto dolore, anche oggi e adesso, si crea! Ci propone un percorso: la realtà illuminata dal ragionamento.

Infine, il quarto criterio: il tutto è superiore alla parte. Quando Papa Francesco afferma che il tutto è più della parte, e anche più della sua semplice somma, questa affermazione mi ricorda, sia pure solo per analogia molto imperfetta, il concetto di “volontà generale” o “interesse generale” di Rousseau, quando afferma che la volontà collettiva è superiore alla somma delle volontà di ciascuno e che, se procediamo in questo modo, possiamo realizzare il bene comune. Il tutto è una ricerca comune di ricerche per vivere insieme e di rinunce individuali. Papa Francesco ricorda che c’è tensione anche tra globalizzazione e localizzazione. Dobbiamo prestare attenzione alla realtà globale per non cadere nella meschinità quotidiana.

E se ciò non bastasse, conclude con una grande riflessione sul poliedro: il modello non è la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non ci sono differenze tra uno l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che conservano in esso la loro originalità.

Questi quattro punti sono una guida per il nostro discernimento. Non offrono soluzioni immediate per le scelte politiche, ma inquadrano bene la responsabilità al servizio del bene comune. Ovviamente per noi nel campo specifico che abbiamo scelto, quello delle grandi forze occidentali del centrosinistra politico, rappresentano per un verso una sintonia e per altro verso anche una sfida esigente.

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