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Lo Jus Scholae e la coscienza nazionale (povera) degli italiani

Giovanni Cominelli lunedì 2 Maggio 2022
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di Giovanni Cominelli
Il 9 marzo scorso la Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato lo “Jus Scholae”, definito in un Testo-base da Giuseppe Brescia, presidente pentastellato della Commissione. La proposta è passata, nonostante il voto contrario dei deputati della Lega e di FdI, e l’astensione di Coraggio Italia. Favorevole invece Forza Italia.
Il testo, che si presenta quale “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”, è la sintesi di tre proposte di Legge già presentate dagli on. Boldrini, Polverini, Orfini.

Prevede la concessione della cittadinanza ai minori di origine straniera nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni, purché abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni sul territorio italiano e abbiano effettuato un percorso scolastico di almeno cinque anni nel sistema di istruzione del nostro Paese. La richiesta deve essere presentata da entrambi i genitori legalmente residenti in Italia.

A differenza dello “Jus Soli”, che prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza per chiunque nasca in Italia, lo “Jus Scholae” la condiziona ad un percorso di studi. Con ciò verrebbe allentato il vincolo del raggiungimento della maggiore età per il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, gli alunni con cittadinanza straniera sono 876.801; 573.845 di loro sono nati in Italia. Questa seconda generazione rappresenta oltre l’80% degli alunni con cittadinanza straniera nella scuola dell’infanzia, il 75% circa nella scuola primaria, il 62% nella secondaria di I grado e poco più del 40% nella secondaria di II grado.

In base al vincolo dei cinque anni di ciclo scolastico, previsto dalla Proposta di legge, la platea dei minori beneficiari stranieri iscritti alla scuola secondaria di I e II grado arriverebbe a quasi 330 mila.

In ogni caso, l’iter della legge si annuncia tormentato. Sono 728 gli emendamenti proposti dalla Lega e da Fratelli d’Italia, di cui più di 200 puramente ostruzionistici. La Lega ne ha proposti 484. Qualche esempio? No alla cittadinanza ai minori stranieri che abbiano “commesso atti di bullismo” o “riportato condanne penali” o “commesso atti violenti in orario scolastico”. Oppure: sì alla cittadinanza solo a chi abbia superato l’esame di licenza media o la maturità “con il massimo dei voti”, “con valutazione media non inferiore al 9” o “all’8”, “a 90/100”, a “85/100” o “a 80/100”. No alla cittadinanza per chi ha studiato in scuole private. Intendono anche in scuola paritarie? Mistero!  Altri emendamenti prevedono prove scritte e/o orali volte ad accertare la conoscenza di festività, sagre tipiche, tradizioni enogastronomiche, usi e costumi regionali. Così, se uno ignora la famosa “Sagra degli scarpinocc” di Parre, paesello dell’Alta Valle Seriana, o quelle molteplici di San Rocco, cittadinanza impossibile!

Quali sono le poste in gioco di questo PdL, che punta all’integrazione della seconda/terza generazione di immigrati?

1- La prima è quella dello sviluppo economico. Il mercato del lavoro, in particolare al Nord, ha bisogno urgente di manodopera sempre più qualificata nell’industria, nell’edilizia, nell’agricoltura, nei servizi. Il deficit di forza-lavoro nasce da due cause: la fuga dall’istruzione tecnico-professionale e dalla Formazione professionale da parte dei figli di famiglie italiane e il calo demografico. Le imprese fanno fatica trovare i lavoratori necessari per la produzione.

2- La seconda è, appunto, demografica. La figura geometrica della piramide, con la quale si rappresentava fino a qualche anno fa la struttura demografica del paese, con una base larga di giovani e un vertice di anziani, si sta trasformando in un otre; che, a sua volta, tende a ridiventare una piramide, sì, ma rovesciata.

3- La terza è di civiltà, ed è conseguenza della mancata presa sul serio dell’inverno demografico, nel quale ci stiamo già inoltrando. Su quali gambe camminerà “la civiltà italiana”, se nel 2050 la fascia di età più larga degli Italiani sarà costituita dai 65enni?

Tutte queste sfide non paiono però fare breccia nella mente della Lega e di FdL. Rifiutano la cittadinanza perché sono razzisti? Se per “razzismo” si intende che si muove da un alto concetto della propria “razza” e perciò si disprezzano quelle ritenute inferiori – è il razzismo nazifascista degli anni ’30 – no, nella società italiana e nella politica che la rappresenta non se ne vedono molte tracce.

Il neo-razzismo nasce, al contrario, da una debolissima coscienza di sé. Nasce da un basso livello di coscienza nazionale, da un’identità fragile e insicura. Nasce da una bassa scolarizzazione e dall’ignoranza vera e propria del nostro patrimonio culturale. Se esistesse una forte coscienza dell’essere Italiani, allora sorgerebbero immediatamente alcune domande. Su quali gambe dovrà continuare a camminare la nostra civilizzazione? A chi affidare la nostra “Grande bellezza”, le nostre tradizioni, le nostre centomila chiese, il nostro artigianato e le nostre imprese, le nostre cucine regionali? Solo ignorando i preziosi giacimenti culturali del nostro Paese, si può evitare la preoccupazione sul loro destino. Così lo slogan “Prima l’Italia” finisce per coprire le pulsioni suicide di una società che sta invecchiando e che non vuole avere un futuro e perciò non progetta di avere eredi. Uno slogan per creduloni. Se vogliamo che il Paese continui, occorrono nuovi Italiani. Da questo punto di vista, l’integrazione della seconda e terza generazione di immigrati è urgente e cruciale. La scuola è il passaggio fondamentale, dove tutti i ragazzi camminano naturalmente insieme, quale che sia l’origine etnica.

Non li vogliamo integrare sul piano dell’alfabetizzazione e sulla trasmissione del nostro patrimonio classico? Prepariamoci ad accumuli e ad esplosioni di rabbia e di risentimento dei ragazzi, che, dopo essersi mischiati al mattino nelle scuole con i figli di Italiani, nel pomeriggio vengono riconsegnati come cittadini di serie B ai loro ghetti metropolitani.

Eppure l’esito della vicenda parlamentare resta incerto. Come spiega Matteo Mauri, membro della Commissione parlamentare e responsabile per il PD di “Cittadinanza e immigrazione”, ogni emendamento richiede ore e ore di discussione in Commissione. Di questo passo, anche questa legislatura rischia di finire in nulla.

 

Editoriale da santalessandro.org, sabato, 30 aprile 2022 

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