di Giovanni Cominelli
Ispirata dall’Associazione “Luca Coscioni” e dall’UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), è stata presentata una mozione alla Camera lo scorso aprile, anche se giornali ne hanno dato notizia solo nelle ultime settimane. Il primo firmatario è il socialista Riccardo Nencini, le altre firme sono di iscritti al PD, al M5S, a Liberi e Uguali, a +Europa. Essa prevede, tra l’altro, di sostituire l’ora di insegnamento della religione cattolica (IRC) con un’ora di Educazione civica.
La grande maggioranza continua a scegliere l’insegnamento della religione cattolica
Le motivazioni? Si tratta di abolire “privilegi, che contrastano con la crescente secolarizzazione della società italiana, dove i cattolici praticanti sono solo circa il 30% della popolazione e scendono al di sotto di questa percentuale fra i giovani. La formula originaria del Concordato del 1929 che faceva della religione cattolica la religione di stato venne già trasformata nella revisione del 1984: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principî del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”. Secondo i firmatari occorre andare oltre. Si tratta di vedere verso dove!
La mozione soffre di due tare. La prima: se è vero che solo il 30% della popolazione è cattolica praticante – e probabilmente la percentuale è troppo generosa – i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione confermano che l’IRC è tuttora massicciamente frequentato dal 90% nella scuola di base e del primo ciclo, mentre sta all’80% nella Scuola media superiore. Nelle Regioni del Nord il calo rispetto alla media nazionale è più vistoso: la Lombardia ha il numero più elevato di opzioni alternative rispetto all’IRC. Insomma: la schiacciante maggioranza delle famiglie e dei ragazzi continua a scegliere l’IRC!
La seconda è più grave. L’idea di sostituire l’IRC con l’Educazione civica equivale a quella di voler sostituire le vecchie scarpe con un nuovo cappello. Avrebbe aiutato i firmatari della mozione la lettura della ricerca svolta nel 2010-2011 dal Centro di Ateneo per la Qualità dell’Insegnamento e dell’Apprendimento dell’Università degli Studi di Bergamo, diretto da Giuseppe Bertagna, per conto dell’Ufficio scolastico per l’IRC della Regioneecclesiastica della Lombardia.
Condotta su un campione molto vasto di oltre 6 mila studenti, ha accertato che gli studenti dotati di una buona conoscenza della religione cattolica oscillano in un range tra il 20% e il 40%, per quanto è dato desumere dalle risposte alle domande sul nucleo biblico, su quello teologico-dogmatico, su quello cristologico e su quello ecclesiologico del “sapere religioso”. In particolare, la conoscenza della Bibbia appare decisamente scarsa. Inoltre, è risultato pressoché impossibile distinguere, quanto alle conoscenze, tra quelle che derivano direttamente dall’IRC e quelle che arrivano da altre fonti, compresa quella catechetica.
La conclusione che si è autorizzati a trarre è che l’IRC trasmette solo piccole e insufficienti quantità di “sapere religioso”, affidato al bricolage fantasioso dei singoli insegnanti di religione. Di fatto, nell’ora di religione si parla di tutto un po’. E’ raro che l’insegnante traguardi criticamente dalla propria cattedra gli altri insegnamenti, come invece faceva con grande vigore intellettuale un famoso insegnante di religione, di nome Luigi Giussani. I circa 40 mila insegnanti di religione, di cui oltre 26 mila di ruolo e 14 mila precari, danno alla Chiesa l’illusione di continuare a garantire una qualche presenza culturale.
Al momento, la Gerarchia sembra accontentarsi di quello che c’è, ancorchè di qualità e quantità sempre più basse. Sembra, in ogni caso, da escludere che l’IRC conduca all’esperienza di fede; anzi spesso genera,involontariamente, l’opposto.
Una qualche forma di sapere religioso è necessaria
Tuttavia, quali che siano le illusioni della Gerarchia ecclesiastica e le sue inerzie conservatrici, la domanda cruciale cui la società civile italiana deve rispondere è: “il sapere religioso” è o no una parte essenziale del “sapere di civiltà” che le generazioni adulte devono trasmettere ai propri figli? Alle spalle sta la questione della consistenza filosofica e antropologica della domanda religiosa. E’ una domanda di risulta, che segnala uno stadio arretrato di sviluppo della coscienza umana o, invece, l’uomo è religiosus in quanto sapiens? Il “fenomeno umano” è un “fenomeno religioso”. Perciò le fedi storiche hanno impastato la storia umana, ne hanno segnato le civiltà, le istituzioni, le letterature, le filosofie, l’architettura, le arti, i costumi.
In Europa la fede cristiana è una delle sue radici. E quella cattolica è parte consustanziale della storia d’Italia. Se le cose stanno così, non è possibile fornire ai ragazzi tutti i materiali per la costruzione della propria identità, portarli alla “fioritura umana” – appunto, istruire/educare – senza fornire il “sapere religioso”. “Sapere religioso” significa, in primo luogo, rendersi conto dell’intreccio della fede religiosa con la storia economica, sociale, culturale, politica degli individui e delle nazioni, con la lunga durata e con la storia evenemenziale. Nell’epoca della globalizzazione e dei conflitti tra sunniti/sciiti, del ritorno di persecuzioni sanguinose contro i cristiani, di un persistente antisemitismo, del fondamentalismo islamico, l’IRC attuale è sostanzialmente insufficiente e inutile.
L’insegnamento della Religione Cattolica va “scolarizzato”
Sostituirlo con l’Educazione civica? Il guaio è che se lo statuto epistemologico dell’IRC è franato, quello dell’Educazione civica è inconsistente, a dispetto delle buone intenzioni. Se si intende produrre un’etica pubblica, questa non nasce né dai seminari di filosofia politica né dalla ripetizione a memoria della Costituzione. Essa è generata dalla prassi testimoniale dell’ambiente adulto ed è la risultante di un lavoro di istruzione/educazione di tutta la comunità educante. L’ethos è testimonianza e tradizione vivente.
E allora che facciamo dell’IRC? Forse l’idea migliore è quella di una scolarizzazione integrale dell’IRC, oggi sospeso tra Chiesa e Stato, individuando “oggetti di conoscenza non catechetici e non teologici”, bensì, appunto, storico-culturali. Scolarizzare significa, per un verso, integrare i contenuti della disciplina con quelli delle altre, sottraendola alla marginalità, in cui spesso si autoconfina; per l’altro, occorre pareggiare giuridicamente l’insegnante di religione con gli altri, quanto a diritti e quanto a doveri, comprese le procedure di reclutamento.
Servirebbe coraggio di innovazione da parte dello Stato, cioè della politica, ma, soprattutto, da parte della Chiesa. Se l’IRC è fallimentare, serve a poco lamentarsi dell’irrilevanza civile e politica dei credenti.
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.