di Pietro Ichino
La nostra Carta consente già oggi, in caso di necessità, una possibile dilatazione “a fisarmonica” del ruolo del Capo dello Stato, in senso “semi-presidenzialistico”: lo si è visto sia con Giorgio Napolitano, sia con Sergio Mattarella /Sullo stesso argomento v. anche l’ editoriale telegrafico del 25 ottobre scorso).
Sembra quasi che il ministro Giancarlo Giorgetti abbia letto e condiviso il mio editoriale della settimana scorsa (sul sito www.pietroichino.it) sull’opportunità di eleggere Mario Draghi al Quirinale, con la prospettiva che da lì egli possa assicurare la continuità dell’azione dell’attuale Governo, evitando lo scioglimento anticipato delle Camere.
Alla presa di posizione del ministro dello Sviluppo molti hanno obiettato che essa configurerebbe sostanzialmente una forma di semi-presidenzialismo, dunque una riforma costituzionale, la quale richiederebbe di essere approvata nelle forme previste dalla Carta.
Dissento: è proprio la nostra Costituzione attuale che prevede la possibilità di una sorta di ampliamento “a fisarmonica” del ruolo del Capo dello Stato, in tutte le situazioni – come quella che stiamo attraversando – nelle quali un interesse superiore del Paese imponga una tregua politica e il conseguente “passo indietro” dei partiti rispetto all’Esecutivo.
Questo è già apertamente accaduto nel 2011-12, consule Napolitano; ma sarebbe nascondersi dietro a un dito non riconoscere che questo si è verificato anche nel primo anno di quest’ultima legislatura, quando Sergio Mattarella ha rifiutato la designazione di Paolo Savona all’Economia, per poi coltivare invece, durante tutto l’anno del governo giallo-verde, un rapporto fiduciario molto intenso con il ministro Giovanni Tria: il quale rispondeva di fatto al Quirinale (essendone protetto) almeno altrettanto quanto rispondeva a Palazzo Chigi.
Poiché tutti, ma proprio tutti, riconoscono l’assoluta correttezza costituzionale di Sergio Mattarella, questo conferma che la Costituzione prevede già oggi, eccome, il temporaneo dilatarsi delle funzioni del Capo dello Stato.
Dunque non ci sarebbe niente di inappropriato se nell’inverno prossimo il Parlamento, collocando Mario Draghi sul colle più alto, gli conferisse implicitamente anche il compito di garantire la continuità dell’azione dell’Esecutivo lungo le linee già individuate dallo stesso Draghi in veste di Premier.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino