di Alberto Colombelli
L’attualità brucia tutto, almeno in apparenza.
Solo pochi giorni fa, negli ultimi giorni della campagna elettorale, per chi guarda con gli occhi dei valori trasmessi dai Padri Fondatori sembrava che Donald Trump avesse rinunciato a vincere queste elezioni presidenziali.
Il suo messaggio era diventato sempre più violento e misogino, contro ogni forma di rispetto non solo istituzionale.
L’ultimo grande comizio nazionale organizzato dal suo comitato elettorale al Madison Square Garden di New York aveva visto ospiti rivolgere battute molto offensive nei confronti di Portorico (“isola di spazzatura galleggiante”) suscitando reazione nella comunità portoricana e non solo.
Durante un successivo evento in Pennsylvania, Donald Trump ha detto che non avrebbe “dovuto lasciare” la Casa Bianca alla fine del suo primo mandato e ha affermato che non sarebbe dispiaciuto se i giornalisti “venissero colpiti”.
Nelle ultime settimane prima del voto, Trump ha raddoppiato la sua promessa di usare l’esercito per combattere il “nemico interno” civile e ha riflettuto – peraltro con il pretesto di sostenere di essere il candidato a favore della pace e della risoluzione immediata dei conflitti in corso – su come l’ex deputata Liz Cheney, uno dei suoi più accesi critici repubblicani, se la sarebbe cavata con le pistole “puntate sul viso” in una zona di guerra.
Quest’ultima dichiarazione l’ha rilasciata parlando con il suo giornalista preferito, quel Tucker Carlson reduce da un viaggio a Mosca in cui ha esaltato le scelte del Cremlino, esprimendo in modo incontrollato la sua avversione verso la repubblicana, figlia dell’ex Vice Presidente Dick Cheney, che aveva dato il suo endorsement a Kamala Harris, con la quale partecipava ad eventi ed esprimeva il suo sostegno all’Ucraina.
Messaggi finali tra i più oscuri e minacciosi della storia americana moderna che sembravano aver fatto deragliare in modo decisivo la sua campagna elettorale, di fronte ad uno scenario che veniva descritto come caratterizzato dal massimo equilibrio tra i due candidati e nel quale anche piccoli scostamenti avrebbero potuto fare la differenza.
La realtà ha invece poi assegnato a Donald Trump una vittoria netta e indiscutibile, con Kamala Harris che anche rispetto a Joe Biden nel 2020 è risultata in perdita di consensi in tutto il Paese e in ogni segmento sociodemografico, dalle donne ai giovani, dagli afroamericani ai latinoamericani.
La lettura che ne viene data è che gli elettori americani abbiano preso dai messaggi di Trump solo la parte che rispondeva alle loro più immediate esigenze, in particolare di natura economica legate all’impatto prodotto sulle loro capacità di spesa dall’inflazione e di sicurezza così come percepita a seguito degli aumentati flussi di immigrazione, verso le quali la precedente amministrazione democratica trascinatasi stancamente alla fine del suo mandato non era stata in grado di offrire concrete evidenti risposte.
Tuttavia, un risultato elettorale seppur netto reso possibile su queste basi proprio dalle regole di funzionamento di quella che è e resta una grande democrazia sta ancora innanzitutto a significare che la partita non è “game over” e soprattutto che il peso di questi ultimi messaggi di chi è stato eletto non debba ora essere trascurato se non del tutto dimenticato, anzi.
Chi li ha pronunciati ha vinto questa tornata elettorale ma la sua vittoria non è per sempre e la difesa di certi ideali resta ogni singolo giorno nella responsabilità di chi ne riconosce il valore, assoluto e imprescindibile, soprattutto oggi di fronte ad un contesto globale in cui stato di diritto e democrazia liberale risultano sotto assedio e rischiano di divenire sempre più un’eccezione.
Siamo in un’epoca di forte cambiamento in cui è emerso un mondo multipolare dominato da autarchie sempre più assertive e minacciose nella ricerca di nuovi equilibri e nell’affermare proprie ambizioni egemoniche su scala regionale ma anche globale.
Inevitabile lo smarrimento di chi nei paesi occidentali ne paga quelle immediate conseguenze che gli impediscono di alzare lo sguardo oltre la sua stretta quotidianità, ma questo non significa che nel formulare delle scelte in funzione delle proprie priorità intenda rinunciare a quei valori – soprattutto di equilibrio, rispetto e solidarietà reciproca – a cui si sono ispirati i Padri Fondatori delle nostre democrazie.
Pur di fronte ad un risultato elettorale come questo fortunatamente c’è ancora chi crede che ad un imbruttimento della società non ci si debba rassegnare.
Così c’è chi già in questi giorni pur non godendo dei riflettori, tutti puntati in altra direzione, non si è mai fermato un istante nel pensare che sempre e comunque ogni cambiamento non possa che partire e dipendere da ciascuno di noi, essenza ed eredità del più puro messaggio kennediano.
“E così, miei concittadini americani, non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro paese. Miei concittadini del mondo, non chiedete che cosa l’America vuole fare per voi, ma che cosa insieme possiamo fare per la libertà dell’uomo.” (Presidente John Fitzgerald Kennedy, Inaugural Address, 20 gennaio 1961)
Così Nancy Pelosi, storica Speaker democratica al Congresso, già l’otto gennaio ha convocato un incontro di emergenza per non cadere nella frustrazione che concede tutto e tenere alta l’attenzione sugli scrutini ancora in corso per l’elezione alla Camera dei Rappresentanti, possibile ultimo baluardo contro i “pieni poteri” a Donald Trump che in aggiunta alla Presidenza può già contare sulla maggioranza in Senato oltre a quella di cui già disponeva nella Corte Suprema.
“Amici,
Mentre piangiamo la fine della storica e stimolante corsa alla presidenza di Kamala Harris, continuiamo la campagna per riconquistare la Camera.
In questo momento, i margini in diverse gare alla Camera rimangono troppo vicini per essere dimenticati e i nostri candidati democratici hanno la possibilità di vincere, con il NOSTRO aiuto.
Vincere la Camera può letteralmente essere il baluardo della nostra democrazia – e della causa della nostra vita: l’assistenza sanitaria.
Da quando abbiamo approvato l’Affordable Care Act, la nostra coalizione ha fornito, salvato e rafforzato l’assistenza sanitaria – e ora dobbiamo salvarla nuovamente per tutti gli americani, in particolare per i più vulnerabili.
Unisciti a me per un INCONTRO DI EMERGENZA per discutere come ci organizzeremo per salvare la nostra assistenza sanitaria – ora, curando le schede elettorali nelle gare ravvicinate alla Camera e andando avanti, con la mobilitazione esterna di cui abbiamo bisogno per contrastare gli assalti estremi dei repubblicani MAGA.
OGGI venerdì 8 novembre alle 16:00. Grazie per tutto quello che fate.” (Nancy Pelosi, 7 novembre 2024)
Così Gavin Newsom, Governatore democratico della California, rinnova la sua responsabilità in difesa delle istituzioni democratiche e dei valori che ne hanno ispirato la fondazione.
“La California è pronta a combattere.
Ho appena convocato una sessione speciale d’urgenza per contribuire a rafforzare le nostre risorse legali e proteggere il nostro Stato da eventuali azioni illecite da parte della nuova amministrazione Trump.
Che si tratti dei nostri diritti civili fondamentali, della libertà riproduttiva o dell’azione per il clima — ci rifiutiamo di tornare indietro nel tempo e di permettere che i nostri valori e le nostre leggi vengano attaccati.” (Gavin Newsom, 8 novembre 2024)
Così Josh Shapiro, Governatore della Pennsylvania, nel riconoscere i risultati elettorali riafferma il valore della democrazia americana e l’essenza dello spirito degli Stati Uniti d’America quale paese libero, aperto, fonte di opportunità.
“La Pennsylvania è la culla della democrazia americana e il nostro Commonwealth ha tenuto ancora una volta elezioni libere, giuste, sicure e protette. Come ho sempre detto, la volontà del popolo deve essere rispettata – e il popolo della Pennsylvania si è espresso, eleggendo Donald Trump come prossimo presidente degli Stati Uniti insieme ad altri repubblicani e democratici per cariche statali e federali nello stesso scrutinio.
So che gli esperti analizzeranno ogni aspetto di queste elezioni, ma da parte mia continuerò ad ascoltare le brave persone della Pennsylvania, a mostrare rispetto per le loro scelte e a trovare modi per riunire le persone e smuovere le idee.
Mentre in alcune gare si sta ancora contando i voti, mi congratulo con tutti i candidati – di entrambi i partiti, su e giù per lo scrutinio, in tutto il Commonwealth – che hanno vinto le loro gare e hanno avuto l’opportunità di ricoprire cariche pubbliche. Servire la Pennsylvania comporta la profonda responsabilità di mettere le persone al primo posto, e ora che queste elezioni sono finite, è tempo di governare, di lavorare insieme, di scendere a compromessi e di portare a termine le cose.
Il popolo della Pennsylvania sa che, in qualità di governatore, vado a lavorare ogni giorno concentrandomi su come migliorare la vita dei cittadini della Pennsylvania e ottenere risultati per le nostre comunità: rurali, urbane e suburbane. Dalla creazione di posti di lavoro e opportunità economiche agli investimenti nell’istruzione e nella sicurezza pubblica, credo che sia più quello che ci unisce che quello che ci divide – e dobbiamo lavorare insieme per continuare a fare cose per la Pennsylvania. Vorrei anche chiarire: non mi tirerò mai indietro dal difendere le libertà per cui sono stato eletto. Continuerò a difendere la nostra democrazia, a difendere i nostri diritti fondamentali e a garantire che continuiamo l’eredità di William Penn costruendo un Commonwealth che sia caldo e accogliente per tutti – e in cui tutti i Pennsylvaniani abbiano la libertà di tracciare il proprio percorso e l’opportunità di farlo e di avere successo.” (Josh Shapiro, Governatore della Pennsylvania, 7 novembre 2024)
Così Liz Cheney riafferma la natura di profilo istituzionale del Partito Repubblicano, dopo che nel suo discorso di vittoria Donald Trump non lo ha citato intestando di fatto la vittoria politica al suo movimento “MAGA”, “Make America Great Again”.
“Il sistema democratico della nostra nazione ha funzionato ieri sera e abbiamo un nuovo Presidente eletto. Tutti gli americani sono tenuti, che ci piaccia o no, ad accettare i risultati delle nostre elezioni. Ora abbiamo una responsabilità speciale, come cittadini della più grande nazione sulla terra, di fare tutto il possibile per sostenere e difendere la nostra Costituzione, preservare lo stato di diritto e garantire che le nostre istituzioni resistano nei prossimi quattro anni. I cittadini di tutto il paese, i nostri tribunali, i membri della stampa e coloro che prestano servizio nei nostri governi federali, statali e locali devono ora essere i parapetti della democrazia.” (Liz Cheney, 7 novembre 2024)
Si può ancora fare politica con coraggio, passione, visione e perseveranza credendo nei valori e negli ideali dei Padri Fondatori.
È la bellezza della Politica.
Quella che cerca di offrire alle prossime generazioni un mondo migliore, nel rispetto della dignità di tutti e rimuovendo le diseguaglianze di destino.
Quella che dipende da ciascuno di noi.
“La vera democrazia, viva, in crescita e fonte di ispirazione, ripone la sua fede nelle persone. (…) La fede che le persone non condanneranno coloro la cui devozione ai principi li conduce a percorsi impopolari, ma ricompenseranno il coraggio, rispetteranno l’onore e alla fine riconosceranno il giusto.” (John F. Kennedy, Profili del coraggio, Premio Pulitzer per la biografia 1957)
A Liz Cheney nel 2022 è stato riconosciuto il Profiles in Courage Award della JFK Library.
Consulente d’impresa, esperto in Corporate Banking. Già delegato dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, è attivo nell’Associazione europeista Freedem e nell’Associazione InNova Bergamo. Ha contribuito al progetto transnazionale di candidatura UNESCO delle ‘Opere di difesa veneziane tra il XV e il XVII secolo’. Diplomato ISPI in Affari europei. Componente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. E’ impegnato nella costruzione di una proposta di alleanza tra tutti gli europeisti riformatori.