di Michele Salvati
Non sono stato alla Leopolda, anche per non alzare l’età media dei partecipanti.
Mi fa però piacere che Minopoli ne abbia riportato un’impressione così entusiasmante: c’è dunque spazio per un movimento giovanile su proposte non estremistiche e irragionevoli, quelle che di solito condividono vecchi liberali di sinistra come me.
I comitati civici: dal movimento al governo
Mi resta però un dubbio, Che cosa avverrà quando il movimento dei comitati civici (…ma non si poteva trovate un nome che non ricordasse Gedda e l’immediato dopoguerra?) si scontrerà con l’esigenza di avanzare una proposta di governo?
Perché questo è l’augurio che faccio all’iniziativa della Leopolda: che il movimento – un vero movimento politico come sostiene Minopoli – arrivi presto a tali dimensioni da dover affrontare questo compito. Lo stesso compito che ha affrontato, con diversi strumenti e con uno straordinario successo, il Movimento di Beppe Grillo, per poi confluire, ahinoi, nella proposta di governo dei 5 Stelle.
A chiunque intenda costruire un ampio consenso elettorale su una proposta di governo riformista e realistica spetta non solo il compito della costruzione di un movimento – dell’ascolto, della consultazione, del consenso – ma anche quello di guidare il movimento verso obiettivi che potrebbero non consentire un pieno sviluppo politico del movimento stesso. E temo che, nell’attuale situazione, il caso sia proprio questo.
Grillo e Salvini hanno costruito il loro consenso sulla base di una violenta critica contro coloro che avevano governato nella legislatura precedente (e anche prima) e con promesse elettorali irragionevoli e irrealistiche, ma non prive di un robusto potere di attrazione su un elettorato arrabbiato e privo di competenza politica.
Come si fa a rendere attraente e affascinante un programma di ricostruzione nazionale, realistico sì, ma necessariamente lento e faticoso com’è quello di cui il paese ha bisogno? Le cose potrebbero cambiare dopo l’esperienza del governo in carica. E sicuramente iniziative come la Leopolda sono utili.
Ma il problema che ho cercato di affrontare, senza riuscire a trovare una risposta convincente, nel mio articolo sul Foglio di recente ripubblicato nel sito di Libertà Eguale mi sembra ineludibile.
La divisione tra destra e sinistra è più resistente di quanto si pensi
E vengo ad un altro punto importante dell’articolo di Minopoli.
Minopoli ha ragione a sostenere che un riformista di sinistra liberale trova oggi maggiori motivi di dissenso con Emiliano e altri pari suoi che convivono nel PD che con Brunetta e altri schierati in Forza Italia.
Sostenendo questo egli rivela che la strada dei Comitati Civici è un tentativo per sfondare dal basso quella divisione tra destra e sinistra che Renzi non è riuscito a sfondare dall’alto, quando era segretario del partito.
Dubito che il mezzo sia adatto al fine, quantomeno nel breve periodo. I Brunetta e le Gelmini finiranno probabilmente in un grande calderone di destra – a meno di grandi sconquassi finanziari prima delle elezioni europee – se e quando Salvini provocherà nuove elezioni per sbarazzarsi dei Cinquestelle, su un programma più accettabile dai mercati e dall’Europa. Insomma, la divisione tra destra e sinistra è molto più coriacea di quanto Minopoli la rappresenti.
Ma Renzi e il Pd hanno bisogno l’uno dell’altro
Per concludere. La cosa più giusta che trovo nell’articolo di Minopoli è il titolo: “Il PD rischia se si libera di Renzi”. Ma è altrettanto giusto il titolo opposto: “Renzi rischia se si libera del PD”.
Per fortuna non sembra che Renzi voglia liberarsi di un partito che in parte non piccola ha contribuito a formare. E allora non conviene a renziani e antirenziani
Docente di Economia Politica all’Università Statale di Milano, nella Facoltà di Scienze Politiche. Ha scritto e scrive per quotidiani (‘Corriere della Sera’, ‘Repubblica’, ‘Unità’, ‘Il Sole 24 Ore’, ‘Il Foglio’) e riviste (‘Stato e Mercato’, ‘Il Mulino’).
Deputato dei Ds-L’Ulivo nella XIII Legislatura. Tra i più importanti teorici del Partito democratico, ha dedicato all’argomento due libri: “Il partito democratico. Alle origini di un’idea politica” (2003) e “Il partito democratico per la rivoluzione liberale” (2007)