Il deficit torna verso l’1,8%, il reddito di cittadinanza si riduce a un restyling del ReI, quota 100 diventa quota 104 e solo per un anno sperimentale… insomma, abbiamo scherzato! Ma lo scherzo ci è già costato una perdita di miliardi e, soprattutto, di credibilità.
“Non sono i decimali di punto che ci interessano, ma la sostanza del programma”, tuona il (vice)premier Salvini.
Così, visto che non sono i decimali che ci interessano, il deficit programmato può scendere da 2,4 a 2, per arrivare probabilmente tra una settimana all’1,8 che doveva essere fin dal maggio scorso secondo l’impegno preso formalmente dall’Italia verso la UE.
E la sostanza del programma?
Per riportare deficit programmato entro il limite dovuto, il “reddito di cittadinanza” si riduce a un restyling del reddito di inserimento già varato dal Governo Gentiloni; e a buon conto slitta a giugno 2019 e si riduce nella durata a poco più di un anno.
La “soppressione della legge Fornero” si riduce a un restyling zoppicante dell’APE, l’anticipo pensionistico già varato dal Governo Gentiloni, con “quota 100” che diventa “quota 104”, ma forse alla fine “105”, e solo “in via sperimentale” per il prossimo anno.
Quanto alla “flat tax”, di quella si è smesso di parlare fin da ottobre: è stata sostituita subito da un incentivo fiscale per il lavoro autonomo giovanile. Tra mille contorsioni e al termine di un doloroso travaglio, la montagna sta dunque partorendo tre topolini.
I proclami roboanti contro l’Unione Europea lasciano il posto a una ingloriosa retromarcia.
Abbiamo scherzato! Già, però questo scherzo, tanto per cominciare, ci è costato un deprezzamento dei titoli del debito pubblico, una minaccia di crisi bancaria, un aumento del costo del denaro per le imprese e per i consumatori, una conseguente gelata sulle attese degli operatori economici che ha reso più brusca la frenata dell’economia nazionale indotta da fattori internazionali. Insomma, quello scherzo ci è già costato molti miliardi.
Ma il costo più grave è quello che stiamo pagando sul piano della credibilità dell’Italia, perché abbiamo mostrato di essere pronti a considerare gli impegni come carta straccia. E la credibilità, come l’onorabilità, ci vogliono anni per conquistarla, ma per perderla basta un giorno.
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Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino