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Marine Le Pen, una condanna che fa discutere

Pasquale Pasquino mercoledì 2 Aprile 2025
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di Pasquale Pasquino

La condanna di Marine Le Pen a una pena con annessa ineleggibilità per 5 anni ha sollevato una serie di reazioni su cui è utile riflettere sine ira et studio. La prima osservazione è che, verosimilmente la prima volta, una condanna penale in seno ad uno stato membro dell’Unione Europea ha suscitato una reazione importante ben al di là del paese in cui la condanna è stata pronunciata. Viktor Orban ha dichiarato, in francese: Je suis Marine, facendo eco al Je suis Charlie dopo l’attacco terrorista ai giornalisti del periodico francese. Da Salvini a Trump un coro si è alzato in difesa, dicono loro, della democrazia. La “democrazia” americana, peraltro, ha permesso ad un candidato condannato e plurinquisito di essere eletto alla Casa Bianca e nella “democrazia” russa i competitori alle elezioni finiscono in Siberia e se necessario al camposanto. L’internazionale illiberale (copyright V. Orban) si è desta.

Ma questo non basta a aderire, senza se e senza ma, alla decisione della corte penale francese, a proposito della quale qualche osservazione più precisa va presentata. I tre giudici che hanno condannato Le Pen hanno applicato una legge voluta dal Parlamento e con particolare forza dal partito di Le Pen, che permette al giudice di annettere alla condanna in primo grado per uso illegale di danaro pubblico l’eventuale ineligibilità della persona condannata. Si tratta di una decisione della corte che peraltro richiede la presenza della possibilità di una recidiva dell’azione all’origine della condanna. Nel caso presente è difficile pensare che Le Pen si sarebbe azzardata a ricadere nella medesima trasgressione della legge. Si deve dunque supporre che la condanna ha preso la forma più severa possibile poiché Le Pen si è ostinata a negare i fatti per i quali è stata condannata, nonostante la loro inequivocabile evidenza, mostrando quello che nella cultura giuridica americana si chiamerebbe oltraggio nei confronti della corte.

Altre circostanze interessanti vanno prese in considerazione. La giustizia penale francese non è estranea a condannare importanti figure politiche interrompendo e in certi casi stroncando le loro carriere politiche. Nel 2017 François Fillon, candidato della destra pro-europea alle elezioni presidenziali e probabile vincitore, fu colpito da una condanna che gli impedì l’accesso all’Eliseo e ha posto termine alla sua carriera politica. Juppé e Sarkozy hanno vissuto esperienze simili. Inoltre, va messo in evidenza che la condanna di primo grado può comunque essere modificata in appello, che Le Pen farà certamente; ma in Francia come in Italia i tempi della giustizia sono particolarmente lenti ed è molto poco probabile che la decisione della corte d’appello sarà pronunciata prima delle prossime elezioni presidenziali, fra due anni. Questo è certamente un lasso di tempo ingiustificato, ma può dipendere da un sovraccarico del lavoro giudiziario.

Infine, è necessario tener conto di un precedente recente che, senza essere relativo a una vicenda giudiziaria assolutamente identica, ha molto probabilmente pesato sulla scelta severa della corte che ha condannato Le Pen. In una decisione dello scorso 28 marzo, in un processo nel quale un consigliere comunale era stato condannato con la stessa pena di Le Pen: ineligibilità con esecuzione immediata della stessa, il Conseil Constitutionnel – organo con funzioni molto simili a quelle della nostra Corte costituzionale – aveva ribadito che era esclusiva competenza del giudice del processo deliberare l’esecuzione immediata di tutte le conseguenze della condanna. Sicché il Conseil Constitutionnel aveva rigettato la richiesta di considerare incostituzionale le legge usata dai giudici che avevano condannato con l’esecuzione della condanna con effetto pieno e immediato. Tale decisione ha probabilmente confortato la corte penale che ha condannato Le Pen alla incandidabilità.

La conclusione provvisoria è che non si può attribuire alla terna dei giudici che hanno condannato Le Pen la fabbricazione di una norma di legge che pare, a chi scrive, senz’altro discutibile, come hanno fatto subito i sostenitori di Le Pen in Francia ed altrove, da Putin a Trump (presidente di un paese dove ormai sembra che le condanne non abbiano più nessun effetto).

Il paesaggio politico francese è in certa misura scosso e se nulla dovesse cambiare in fretta, come è possibile, il partito di Le Pen dovrà pensare ad una candidatura alternativa alla presidenza della Repubblica che avrà luogo nel 2027. Operazione niente affatto semplice. Peraltro, questa condanna stabilizza il governo di minoranza guidato da François Bayrou. Se infatti un voto di sfiducia dovesse essere approvato, il che per ragioni aritmetiche è impossibile senza il sostegno del gruppo parlamentare del Rassemblement National, a partire dall’estate dovrebbero inevitabilmente aver luogo nuove elezioni dell’Assemblée Nationale. E sembra molto verosimile che il partito di Le Pen si opporrà alla sfiducia, perché ha bisogno di tempo per preparassi alle elezioni della camera bassa e poi a quelle presidenziali del 2027 e fino alla scadenza del suo mandato parlamentare Le Pen resta in carica, così dice la legge, come membro del parlamento.

PS. La Corte d’appello di Parigi ha dichiarato nella serata del 1° aprile che sarà in grado di accelerare i tempi del processo e in grado di fornire una decisione entro l’estate del 2026.

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