di Carlo Fusaro
I Socialisti e Democratici europei e il voto al Parlamento Europeo sulla Von der Leyen
I lettori sanno di che si tratta: proposta dal Consiglio (ovvero dai governi dei paesi membri) la candidata a presidente della Commissione (che è una specie di esecutivo con esclusivo diritto di proposta e dovere di far rispettare i trattati UE e perseguire l’interesse dell’Unione nel suo complesso) deve essere votata a maggioranza dei componenti dal Parlamento.
Il Parlamento Europeo naturalmente è eletto dai cittadini e organizzato sia in gruppi politici sia all’interno di questi in delegazioni nazionali.
Una volta eletta la presidente deve proporre al Parlamento Europeo i 27-28 componenti della Commissione, sorta di ministri uno per paese (ma sempre giuridicamente autonomi dai governi).
Il meccanismo è complesso, e democratico ma con mediazioni di ogni genere che lo rendono molto lontano da un rapporto diretto elettori-Commissione. Si era cercato di ovviarvi in parte col sistema degli Spitzenkandidaten: il prescelto dal partito con più voti e seggi nel PE diventa presidente della Commissione.
Ha funzionato nel 2014, non stavolta soprattutto perché gli elettori han votato come hanno votato: molti meno seggi ai due partiti maggiori, bei successi per partiti che non credono in quel sistema (liberali e verdi). In più ci sono i sovranisti da tenere a bada.
D’altra parte nessuna riforma in direzione di una più diretta democrazia europea è neppur lontanamente in vista.
Si capiscono i mal di pancia di alcuni parlamentari europei: una candidata di difficile (ma rapido) compromesso non soddisfa nessuno. Non i popolari che han visto Weber messo da parte senza complimenti, non i socialisti che han visto Timmermans subire il veto dei Visegrad e dell’ineffabile Conte, non i verdi (la VdL può garantire poco in linea coi loro programmi), non i liberali (la VdL è pur sempre una conservatrice).
Se però la vera divisione è fra europeisti – che in un modo o nell’altro vogliono più e migliore Unione Europea – e sovranisti – che vogliono meno Unione Europea e più stati nazionali – il giudizio dovrebbe cambiare.
Invece il rischio è che la Von der Leyen sia confermata di misura al punto da rendere i voti dei sovranisti decisivi. Perfino la Lega sta cercando di inserirsi (e per fortuna VdL ha evitato anche solo di parlarci).
Allora la mia opinione è che i S&D (i socialisti e democratici europei) e la delegazione italiana in particolare (cioè il PD) tutto dovrebbe fare tranne mettere in gioco coloro che devono risultare isolati a Bruxelles. Io non so se Salvini è il politico europeo più pericoloso (per il suo paese e per l’UE), certo è un incredibile danno (a tacere dal resto: immigrati, flat tax, etc.) per l’Italia per le sue politiche che oscillano fra vassallaggio a Trump e strizzamenti d’occhio (o peggio) a Putin: i nemici dichiarati e aperti dell’Unione Europea.
Non m’interessa il vantaggio tattico immediato di questo o quel partito. Mi interessa ciò che è meglio (nel contesto dato) per l’Europa. Perché ciò che è meglio per l’UE è anche meglio per ciascuno dei suoi paesi e per l’Italia in particolare.
Per questo il mio appello è: non regaliamo la Von der Leyen alle destre sovraniste (e anche al M5S per quel che può valere). Al di là di ogni tatticismo e ogni mal di pancia, e anche di ogni interesse di partito in chiave interna di breve periodo.
Presidente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. Già professore ordinario di Diritto elettorale e parlamentare nell’Università di Firenze e già direttore del Dipartimento di diritto pubblico. Ha insegnato nell’Università di Pisa ed è stato “visiting professor” presso le università di Brema, Hiroshima e University College London. Presidente di Intercultura ONLUS dal 2004 al 2007, trustee di AFS IP dal 2007 al 2013; presidente della corte costituzionale di San
Marino dal 2014 al 2016; deputato al Parlamento italiano per il Partito repubblicano (1983-1984).