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Nuove diseguaglianze: a quando un po’ di giustizia nella spesa?

Mario Iannella martedì 2 Marzo 2021
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di Mario Iannella

 

Bisogna ammettere che per i democratici poche cose sono più appassionanti delle discussioni che riguardano i democratici. Nelle ultime settimane c’è un gran rumore di fondo, alimentato a viva forza da social e giornali che sembrano provare ad articolare diversamente le posizioni intorno ai temi dell’alleanza, delle identità, dei rapporti centro periferia e del sistema istituzionale (in primis legge elettorale). Tutto in parte vero, in parte costruito ad arte per provare a soffiare il vento nella direzione di un dibattito più favorevole ad una o l’altra parte, per un congresso che al momento ancora non si sa quando si sarà.

Per quanto ognuno di questi temi potrebbe appassionare e richiedere lunghe discussioni, permane al di là delle dichiarazioni di principio un’ambiguità e un imbarazzo nel definire priorità, prospettive, visione del Paese, misure bandiera del Partito Democratico. “Maggioritario”, “aperto”, “non isolato”, “in un sistema di alleanze stabili”, “Conte federatore o no”, diventano tutte scorciatoie che aiutano a fuggire le domande sul senso profondo di un partito di sinistra oggi. Tutto questo fumo non contribuisce a risolvere il dubbio sulle finalità dello stare al governo dei democratici, sulla direzione che si intende dare al Paese nell’uscita della crisi (senza limitarsi ad un generico aumento della spesa pubblica), sul ruolo e sulle misure che il Pd si intesterà e renderà identificanti nel Governo Draghi.

Il riferimento nella determinazione di una giustizia distributiva potrebbe essere l’idea rawlsiana che le ineguaglianze economiche e sociali siano ammissibili solo se recano un beneficio ai meno avvantaggiati. Pare difficile comprendere come il Pd abbia declinato tale principio negli ultimi anni, o come lo abbia declinato per rispondere alla crisi generata dalla pandemia. Di fronte ad un cambiamento drastico degli equilibri sociali ed economici, si è scelto di non scegliere: governare, precauzione, un po’ a tutti. Eppure, la pandemia crea nuove diseguaglianze, priorità ed esigenze di una giustizia distributiva. Lo ha ricordato in maniera assai efficace Draghi, nel suo discorso di presentazione: ci sono delle categorie che hanno subito in maniera segnatamente maggiore delle altre gli effetti di questa crisi, giovani e lavoratrici con contratti non stabili, specie nel meridione. E qui interviene il Recovery: la domanda cui dovrebbe rispondere un partito di sinistra nell’approcciarsi al tema dovrebbe, anzitutto, essere quali scelte, quali differenze sono legittime per avvantaggiare queste categorie e i meno avvantaggiati in generale?

Draghi, da allievo di uno dei più importanti economisti keynesiani del nostro paese ha tracciato un solco, definendo l’uguaglianza in termini intergenerazionali. È pronto il Pd ad accettare questo approccio distributivo e ad operare delle scelte negli indirizzi di spesa – in linea con le ambizioni e le indicazioni che vengono, peraltro, dall’UE – tali da determinare un potenziale meccanismo di trasferimento a favore delle categorie svantaggiate, senza scendere nella retorica della caccia al benestante? Selezionare assi di investimento, politiche fiscali, sistemi di tutela sociale, prioritizzare investimenti in alcuni settori. Rammentare, con Federico Caffè come nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane (Il Male, 1981) e rifuggire per tutelare la dignità dell’uomo dai richiami ai sussidi generalizzati quale facile soluzione.

Su questo ed altri temi il Pd deve costruire un manifesto, degli strumenti che ne rendano chiaro ed immediato l’impatto nelle scelte di un governo, in cui la coabitazione con la destra rischia di soffocare le motivazioni del voto democratico. Il principale partito della sinistra merita di più di una definizione per vaghi principi su cui siam tutti d’accordo e per una giustapposizione al nuovo o vecchio barbaro (Berlusconi, il passato, i grillini, Salvini, Renzi e così via), cui troppo spesso si ricorre.

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