di Marco Taradash
Il punto sul Pd. E sulla democrazia liberale.
Specie dopo la celebrazione del ventennale della fondazione dalemiana “Italiani Europei”, è evidente che il Pd(s) di Zingaretti una strategia politica ce l’ha: contrastare il neoliberismo, restituire allo Stato un ruolo decisivo nella correzione del mercato, combattere la destra “radicale”, quindi “sradicare” (Cuperlo) i 5Stelle dall’abbraccio con Lega.
Si può condividere o no (intendo all’interno del Pd) questa strategia, ma c’è.
Il Pd di Martina (o di Giachetti-Ascani) cosa può contrapporre a questa linea? Lo chiedo innanzitutto ai miei amici liberali e renziani, come Stefano Ceccanti o Umberto Minopoli, fra i tanti.
Direi nulla, ma proprio nulla. Quel Pd è estinto. Non sarebbe forse l’ora, anche per loro, di lavorare da subito per costruire un’alleanza liberaldemocratica che unisca politicamente ed elettoralmente il centro del centrosinistra e il centro del centrodestra insieme a tutte quelle associazioni spontanee che germogliano in ogni dove e che sono in attesa di una piattaforma politica che le accolga e dia loro quella soggettività politica di cui l’Italia liberaldemocratica ha disperato bisogno?
E perché non farlo subito, prima che sia troppo tardi, prima che Lega e 5Stelle consolidino irreparabilmente, con la vittoria alle elezioni europee, il progetto anti democrazia liberale che li accomuna?
La risposta implicita nel silenzio di quella parte del Pd la conosco: occorre prima che si sciolga l’enigma Renzi.
Guardate, Renzi è un enigma anche per sé stesso, non state ad aspettare Godot, o i tartari.
Agite subito perché il vostro (come quello di +Europa peraltro) è il peggior atteggiamento politico possibile: è l’Aventino.