di Eugenio Somaini
Introduzione
Come larga parte dell’opinione pubblica europea sono stato scioccato dall’atteggiamento di Trump, del vicepresidente Vance e di Elon Musk nei confronti dell’Ucraina, tale atteggiamento arreca gravi danni all’insieme dei paesi che difendono la democrazia, ritengo tuttavia che l’eroica fermezza degli ucraini sia un elemento che autorizza a sperare. La ragione, apparentemente paradossale, di tale ottimismo è che il coraggio che l’Ucraina sta manifestando avrà una grande influenza sugli sviluppi futuri.
L’elemento più incoraggiante sta nel fatto che per la prima volta l’Europa (o quantomeno un nucleo significativo di paesi europei) ha guardato in faccia alla realtà e capito che c’è oggi la concreta possibilità di una svolta e di una pace costruttiva, accettabile per tutti e non semplicemente imposta dalla dittatura putiniana e avallata da Trump. Dalla pace l’Ucraina otterrà certo molto meno di quanto le spetterebbe se avesse una controparte meno spietata di Putin ed un alleato più affidabile di Trump. Per pace costruttiva intendo una situazione in cui entrambe le parti interessate si impegnano più per mettere a frutto quanto hanno già ottenuto che per ottenere ulteriori nuove concessioni da quelli che, nel corso della guerra, sono stati i loro avversari.
Tra i paesi europei possiamo citare: la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, ai quali si possono aggiungere la Polonia, la Norvegia e i paesi baltici (Danimarca, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania), l’Italia ha finora fatto parte a pieno titolo di questo gruppo, ma rischia di subire le conseguenze negative del prestigio che ha acquistato agli occhi di Trump e del suo entourage. Dubbi piuttosto seri riguardano paesi come l’Ungheria, la Slovacchia, la Romania, e forse anche la Bulgaria della quale in fondo sappiamo poco. Diverso è il caso di paesi occidentali come Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Austria che, grazie alla loro lontananza dalle aree calde, godono di una tranquillità un po’ opportunistica, ma in fondo consolante.
Come vedremo nel seguito di queste note l’Europa è stata deliberatamente tenuta ai margini della trattativa, ma è moralmente e politicamente presente, potrà offrire (senza il concorso del governo USA) alla popolazione ucraina delle condizioni ed un sostegno superiore a quello che la Russia potrà o sarà disposta a dare alla popolazione che resterà sotto il suo controllo.
Tra i fattori che maggiormente influiranno sugli sviluppi futuri un posto di particolare rilievo spetterà alla portata e alla prontezza della decisione delle maggiori nazioni europee di investire ingenti risorse nello sviluppo e nell’adozione di forme adeguate di riarmo. Tra i paesi che hanno dato particolare rilievo a questo aspetto del problema figurano a pieno titolo la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e la Polonia, la posizione dell’Italia è ancora da chiarire ed avrà bisogno di un certo tempo per essere non solo realizzata, ma anche chiaramente e credibilmente definita. Usando una metafora sportiva si può dire che in questo momento la palla è nel campo dell’Europa e che spetta ai paesi europei stabilire quale è il modo migliore di giocarla.
Le pagine che seguono partono dall’ipotesi che la mediazione americana, pur non soddisfacendo gran parte delle legittime richieste del paese aggredito (l’Ucraina) e spingendosi a volte fino a sostenere l’aggressore, dovrebbe consentire l’emergere, anche grazie al concorso di paesi europei a regime democratico, di un assetto non solo accettabile, ma anche concretamente vantaggioso per l’Ucraina.
I tratti essenziali della pace ipotetica cui faccio riferimento dovrebbero essere i seguenti.
a) Il confine tra l’Ucraina e la Russia è di 1.576 chilometri, ai quali si dovrebbero aggiungere gli 891 del confine tra l’Ucraina e la Bielorussia. Nel valutare la portata di queste grandezze si deve tenere conto del fatto che lo stabilirsi di una tregua potrebbe rendere conveniente per le tre parti in causa (Ucraina, Russia e Bielorussia) lasciare aperti dei canali di comunicazione controllata. I confini tra l’Ucraina futura e la Russia dovrebbero essere segnati da una fascia di territorio neutrale della larghezza di almeno una decina di chilometri, presidiata da truppe di paesi neutrali di peso universalmente riconosciuto: la Turchia e l’India sarebbero, a mio giudizio, una coppia ideale.
La Turchia avrebbe il pregio di essere un paese direttamente e fortemente interessato a garantire una pace durevole, condizione che avrebbe conseguenze molto positive per tutti i paesi che si affacciano sul Mar Nero. Qualcuno potrebbe obiettare che la Turchia, in quanto membro della Nato, non può essere considerata un paese neutrale, ciò che rende credibile la sua neutralità è l’autorevolezza che la sua posizione geografica le conferisce, la presenza simultanea di una potenza come l’India favorirebbe ulteriormente lo stabilirsi di rapporti di pace tra tutti i paesi della regione.
b) La realizzazione delle condizioni richieste dalla pace dovrebbe prevedere la possibilità per gli abitanti di territori ucraini che passassero sotto dominio russo di lasciare quei territori e di trasferirsi in Ucraina o in altri paesi europei che siano disposti ad accoglierli. Simmetricamente gli abitanti delle regioni ucraine che desiderassero trasferirsi nelle regioni controllate dalla Russia avrebbero il diritto di trasferirvisi. Il mancato verificarsi della possibilità di trasferirsi equivarrebbe a una sostanziale forma di imprigionamento di massa per centinaia di migliaia di ucraini, attraverso la trasformazione in carceri dei luoghi in cui quei soggetti hanno vissuto. La realizzazione delle condizioni indicate dovrebbe essere affidata all’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).
c) In concreto ciò dovrebbe implicare che alcune aree o regioni del territorio complessivo destinato all’Ucraina abbiano caratteristiche e dimensioni capaci di ospitare coloro che in precedenza vivevano in regioni che verranno assegnate alla Russia. L’estensione e la collocazione dei territori che dovranno essere riservati ad ucraini dovrà essere commisurata a questa esigenza e potrà verosimilmente prevedere misure compensative per la Russia. E’ assai probabile che i problemi e le soluzioni cui facciamo riferimento siano significativamente diversi nelle regioni che resteranno all’Ucraina e in quelle che passeranno sotto controllo russo, nel primo caso il saldo dei flussi migratori in entrata dovrebbe verosimilmente risultare superiore a quello dei flussi in uscita. Il probabile verificarsi di tale condizione sarebbe dovuto al fatto che l’esodo dalle regioni destinate a passare sotto controllo russo riguarderebbe sia coloro che vogliono vivere nelle regioni che rimangono ucraine sia coloro che intendono trasferirsi in paesi che fanno già parte dell’Unione Europea.
d) E’ assai probabile che la Russia cerchi di impedire ogni forma di integrazione dell’Ucraina nella Nato ed è anche probabile (e diversi indizi fanno credere che tale prospettiva sia condivisa anche dagli USA) che l’estensione delle aree ucraine che passeranno alla Russia sia significativa. Ritengo tuttavia che il problema possa essere risolto dando vita per l’Ucraina ad una forma di integrazione con i paesi europei a regime democratico che non tocchi il tabù della Nato e/o dell’Unione Europea. Le istituzioni che in questo caso saranno concretamente adottate dovranno rispondere a situazioni inedite per i paesi interessati e richiederanno quindi un approccio che potremmo definire sperimentale, riformistico e solidale: una prospettiva che, almeno in teoria, dovrebbe mettere una futura Ucraina democratica in una condizione di relativo vantaggio. Condizioni e problemi analoghi dovrebbero verificarsi per la Moldavia, alla cui democratizzazione la Russia intende preventivamente opporsi.
In sostanza credo sia difficile che, in futuro, la Russia riesca a impedire una piena integrazione dell’Ucraina in istituzioni civili e militari dell’Europa Occidentale. Non siamo in grado di definire con precisione tali condizioni, essendo assai vari i percorsi e le misure che le nazioni europee (e le loro controparti) potranno seguire o adottare per raggiungere il risultato desiderato, ma ritengo di manifestare al riguardo un certo ottimismo.
e) Le ragioni che mi inducono a formulare questa previsione sono le seguenti: i) nel corso della guerra gli ucraini hanno dimostrato un coraggio e una fermezza straordinari, il permanere della validità del progetto di integrazione dell’Ucraina nell’Europa rappresenta un risultato che non era per niente scontato e che ha sorpreso coloro stessi che lo hanno conseguito; ii) i russi hanno cercato di reagire a tale insuccesso adottando misure che hanno colpito seriamente gli ucraini, ma non hanno piegato la loro volontà di restare ucraini; iii) per contro gli ucraini attraverso l’esperienza bellica hanno rinforzato le loro convinzioni e la loro determinazione (ne è prova la fermezza e la dignità che la delegazione ucraina, e in particolare Zelensky, ha manifestato nello scenario perverso che il presidente ed il vicepresidente USA avevano predisposto per la sua visita alla Casa Bianca); iv) una parte significativa delle armi con le quali gli ucraini, nel corso di questi anni, si sono difesi sono state da loro stessi progettate e prodotte ed è probabile che, una volta raggiunta la pace, essi continueranno a ideare e a produrre nuove armi delle quali i paesi europei faranno un uso sempre più esteso; v) è auspicabile (e in fondo anche probabile) che, negli anni che faranno seguito alla conclusione della guerra, i rapporti tra l’Ucraina e l’Europa nel suo insieme si faranno sempre più stretti e solidi (la situazione in cui recentemente siamo venuti a trovarci anni conferma la validità massima “si vis pacem para bellum”, massima che risale a uno scritto del v secolo d.c. dell’autore latino Vegezio); vi) con il passare del tempo agli occhi di molti, sarà sempre più chiaro che l’integrazione ucraina nell’Europa non rappresenta un peso o un rischio, ma una risorsa ed una fonte di sicurezza; vii) una conseguenza positiva (anche se difficilmente valutabile) della guerra che è stata combattuta per l’Ucraina sta nel fatto che, grazie al sostegno incondizionato che stanno dando a Israele, gli Stati Uniti hanno fretta di concludere in modo non troppo indecoroso quella guerra. Dal punto di vista dell’Ucraina (che, seppure in modo indiretto, è anche il nostro) questo è forse un elemento più positivo che negativo, in quanto Trump vuole risolverlo con la massima fretta possibile. Il caso della Russia è diverso, ma anche quest’ultima è, per così dire, sovra-impegnata in conflitti o in situazioni molto instabili per una potenza con forti aspirazioni imperiali, che spaziano dal Medio Oriente, all’Africa, al Caucaso. Situazioni che, come si è visto nel caso della Siria, potrebbero riservare sorprese negative per la Russia.
f) Il quadro positivo che ho delineato non deve fare dimenticare la possibilità (e addirittura l’inevitabilità) di errori o di sviluppi parzialmente negativi, dovuti al fatto che una parte minoritaria, ma significativa, dell’opinione pubblica dei paesi europei (in particolare dell’Italia) sembra prendere le distanze dall’Ucraina e avere piuttosto l’intenzione di affidarne le sorti alla benevolenza dei russi. Il pubblico televisivo sembra manifestare poco interesse per le vicende militari, gli esponenti del mondo politico sono in genere poco inclini a parlare di guerra (poiché non sono un esperto in materia e guardo poco la televisione non saprei francamente cosa suggerire come alternativa). Le sole immagini di guerre che vengono regolarmente fornite al pubblico sono quelle delle devastazioni e dei morti: non c’è dubbio che tali immagini non possano essere ignorate, ma credo che qualcosa di più (e anche di meno diretto) dovrebbe essere fornito. Una simile scelta avrebbe conseguenze assai negative non solo per l’Ucraina, ma anche per tutti i paesi europei che la facessero propria. La vicenda ucraina contiene una lezione positiva dalla quale potremo trarre insegnamenti preziosi per un futuro che si annuncia assai problematico e pericoloso.
g) Dalle considerazioni che abbiamo esposto nei punti precedenti emerge che uno sviluppo positivo della crisi ucraina avrebbe conseguenze positive di estrema importanza per il futuro dell’Europa Occidentale che, per certi aspetti, è stata la principale protagonista (in negativo) della storia europea degli ultimi decenni. Non solo essa ha registrato l’inevitabile declino degli imperi che (nel bene e nel male) tra il diciassettesimo e il ventesimo secolo avevano rappresentato un fattore fondamentale di trasformazione e di sviluppo. A questi aspetti positivi si è accompagnata una riflessione autocritica troppo spinta che ha determinato una vistosa perdita di autostima per un’intera società e soprattutto tra i giovani. Siamo di fronte ad una situazione paradossale che da un lato suscita l’ammirazione di tutto il mondo che cerca di imitarci e se possibile di superarci, e dall’altro genera un profondo turbamento soprattutto nelle generazioni più giovani.
Conclusioni
Ciò che è successo all’Ucraina ha colto di sorpresa tutti, con l’ovvia eccezione dei russi, che a prima vista, possono sembrare averci molto guadagnato.
Nelle guerre moderne, in particolare in quelle che interessano paesi di grandi dimensioni e che esercitano un controllo assai stretto sui mezzi di comunicazione, i paesi belligeranti (in particolare quelli a regime autocratico) mostrano grande cura nella scelta delle immagini da offrire al pubblico nazionale. Nel caso della Russia, sembra che tali immagini scarseggino e che i messaggi più significativi siano in genere direttamente annunciati dai massimi dirigenti, le ragioni di tale condotta sono probabilmente da ricondurre al fatto che il pubblico nazionale, pur senza esprimere critiche per il governo sembra dare allo stesso solo un sostegno piuttosto tiepido.
Il 26 marzo 2025 la BBC ha pubblicato un pezzo dal quale risulta che, malgrado le recenti significative prese di posizione di Macron, Starmer, Merz e forse anche dell’Italia (che non ha ancora detto nulla di concreto, ma lascia sperare qualcosa di simile), i maggiori paesi dell’Europa occidentale non hanno ancora preso misure concrete capaci di garantire la propria sicurezza: è solo grazie all’ostinata resistenza ucraina e alle significative forme di riarmo adottate dai paesi dell’Europa Nord-Orientale (con in testa la Polonia) che il rischio di un’aggressione russa è stato, per ora, sventato.
Per quanto riguarda il futuro possiamo dire che solo l’impegno collettivo dei maggiori paesi dell’Europa Occidentale nel rafforzamento delle proprie difese potrà consentirci di avere la ragionevole fiducia che le insidie cui siamo esposti potranno essere respinte, o addirittura prevenute. Il tempo che abbiamo a disposizione è ancora sufficiente per fare quanto abbiamo detto, ma non dovrà essere sprecato nel perseguimento di prospettive illusorie.
Box 1
Ormai da qualche decennio gran parte dei giovani dei paesi occidentali, in particolare quelli appartenenti alle classi più colte ed agiate, vivono la storia dei propri paesi come qualcosa di cui ci si deve vergognare e come un crimine tanto grave da escludere praticamente qualsiasi forma di espiazione. Il razzismo, che certamente rappresenta qualcosa da combattere, è considerato non come una forma deplorevole di ignoranza e un difetto da esaminare criticamente e da emendare, ma come un delitto collettivo che non potrà mai essere giustificato. |
Eugenio Somaini è stato professore ordinario di politica economica nelle università di Bologna, Catania e Parma. Ha dedicato i suoi studi al rapporto tra processi economici e istituzioni politiche, alle teorie dell’uguaglianza, alla diffusione della democrazia e alle libertà individuali e collettive. Tra i suoi libri figurano Equità e riforma del sistema pensionistico, il Mulino, 1996, Uguaglianza: teorie, politiche, problemi, Donzelli, 2003, I paradigmi dell’uguaglianza, Laterza, 2005, Geografia della democrazia, il Mulino, 2009, Il liberalismo preso sul serio, Rubbettino 2012, I beni comuni oltre i luoghi comuni (a cura di), Istituto Bruno Leoni, L’un percento più ricco,Istituto Bruno Leoni, 2022 (di prossima pubblicazione). È membro del comitato scientifico di Libertà Eguale.