LibertàEguale

Digita parola chiave

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di Danilo Di Matteo

 

È come dice Matteo Renzi: l’opposizione si fa con la politica, non con il vocabolario.

Ma, nello stesso tempo, le parole sono importanti: non a caso si parla di “parole chiave” e di “parole testimone”, tali da esprimere l’essenza di un’epoca, di un testo, di una stagione, di un autore. Ricordo un servizio del Gr2 di tanti anni fa: se non erro, si riferiva a uno dei primi congressi di Rifondazione comunista e alle articolazioni interne a quella forza politica. Il giornalista aggiunse, e di ciò sono certo: parole, importanti per un partito di sinistra, che di parole vive. Da un lato provai per un attimo stizza nei suoi confronti, dall’altro mi riconobbi in quella definizione: mi sentivo di sinistra (non di Rifondazione) e davo (do) valore alle questioni terminologiche e simboliche.

Il punto, però, è oggi un altro: non si possono usare i nomi come foglie di fico dietro le quali nascondersi. Non ci si può autoassolvere – come direbbe il pastore e teologo Dietrich Bonhoeffer – solo con l’uso di alcuni vocaboli. Né possiamo considerarci interpreti della sinistra (delle sinistre) in quanto depositari di un lessico o di un gergo, assai distante, tra l’altro, dal “sinistrese” di un tempo. Una volta le “parole della sinistra” potevano suonare irriverenti, polemiche, provocatorie, pur cadendo non di rado in altre forme di conformismo. Oggi la loro cifra sembra troppe volte una sorta di sterile (e antipatico) politically correct.

E dunque: l’opposizione richiede fatti, contenuti, politica, nell’accezione più alta e propria. E tuttavia occorre mettere mano anche alle parole, ai “racconti”, ai discorsi, provando a trarne strumenti volti a orientare, a orientarsi, a comprendere, a dialogare. Con la società e con i singoli.

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