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Pd, che cosa ci spiega il caso Ceccanti

Danilo Di Matteo giovedì 25 Agosto 2022
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di Danilo Di Matteo

 

La vicenda di Stefano Ceccanti può essere intesa come una metafora. Non alludo (solo) alla correzione effettuata dai vertici del Pd con la sua candidatura, anche sulla base di spinte provenienti dal basso. Spinte, in ogni caso, espressione di quel prezioso tessuto connettivo che lega cultura, società, giornalismo e politica. Mi riferisco soprattutto al suo percorso politico-culturale.

Troppe volte, ad esempio, negli anni Novanta si è letta in chiave di contrapposizione la vicenda della “Rosa” (il tentativo, cioè, di dar vita in Italia a un grande soggetto socialdemocratico e liberalsocialista) rispetto a quella dell'”Ulivo” (l’idea del connubio tra forze di sinistra, eredi principalmente del Pci e del Pds, e forze cattolico-democratiche e cattolico-liberali). Ebbene: Ceccanti ha svolto un ruolo di rilievo fra i Cristiano-sociali, il gruppo, come è noto, ispirato tra gli altri da Pierre Carniti ed Ermanno Gorrieri. Uno dei soggetti che hanno animato il progetto della “Cosa 2”, dando vita ai Ds. Un’esperienza che non poteva giungere all’approdo immaginato (o sognato), in quanto priva di quell’humus socio-culturale che negli anni Settanta aveva caratterizzato, in Francia, il cammino del rinato Partito socialista (cammino simboleggiato dal quasi mitico congresso di Epinay). E lessi per la prima volta un saggio del nostro costituzionalista sul mensile “Le ragioni del Socialismo”, diretto dal compianto Emanuele Macaluso, il quale credeva nella socialdemocrazia ma non nelle “Cose” che si sono susseguite.

E, con la stessa sensibilità cristiana e liberale, Ceccanti ha contribuito a incarnare il progetto e l’idea di un grande partito democratico in Italia.

Non solo. Troppe volte guardiamo quasi come contrapposti l’orizzonte dei “tecnici”, degli esperti di “ingegneria politica e istituzionale” e quello dei pensatori e dei “pensieri lunghi”. Egli, di nuovo, infrange gli steccati: da esperto di istituzioni (ho appena letto il testo della sua intervista, proposta anche su questo sito, con il convincente suggerimento di conferire funzioni più estese al Parlamento in seduta congiunta, ora che l’insieme dei deputati e dei senatori comprenderà 600 membri, meno degli attuali 630 deputati), non manca di animare il dibattito sulla storia dell’Italia repubblicana e sulle sue radici culturali e filosofiche europee e internazionali. Il Pd, naturalmente, è uno spazio di incontro di persone con un retroterra diverso: l’importanza che per Ceccanti possono avere, come punti di riferimento storico-ideale, Aldo Moro, Enrico Mattei o Alcide De Gasperi è forse pari a quella che, nel mio piccolo, assegno a Giorgio Amendola, a Pietro Ingrao o a Enrico Berlinguer. Ma è proprio di differenze del genere che si dovrebbe nutrire una grande forza politica.

Insomma: a parer mio egli è, accanto ad altri e ad altre, una metafora delle possibilità del centrosinistra e della politica italiana.

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