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Pd, territorio e società giusta

Danilo Di Matteo domenica 16 Giugno 2024
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di Danilo Di Matteo

 

Con Massimo Mezzetti, appena eletto sindaco di Modena, avevo una consuetudine in tempi non troppo remoti: più incline alla tradizione riformista io, più radicalmente di sinistra lui. Entrambi ancorati all’idea del socialismo e alla ricerca di un socialismo cristiano o religioso.

Detto altrimenti: non si tratta affatto di un semplice “amministratore” o di un burocrate, anzi. E non dimentichiamo che lo stesso Stefano Bonaccini, ben ancorato sul territorio, è il presidente del Pd (anzi, mi sento di tornare a invocare l’idea della “bicicletta” Schlein-Bonaccini. La guida spetta alla segretaria, naturalmente, con il presidente che funga da copilota. I tandem possono funzionare, lo conferma l’Alleanza Verdi-Sinistra).

Ecco, il Pd non è (solo) il partito delle primarie o di un(a) leader, riuscendo piuttosto a esprimere una classe dirigente diffusa e ben articolata. Si può, dunque, ripartire dal risultato delle europee 2024 per un nuovo inizio riformatore e di sinistra. A tal fine, occorrerebbe, credo, un movimento inverso a quello che prevaleva un tempo: un movimento dal basso verso l’alto.

Si tratterebbe di trasferire, in maniera quanto più possibile spontanea e naturale, intelligenze, esperienze e competenze, quali quelle emerse dal voto europeo e amministrativo, dal “territorio” al “centro”. Come per osmosi. Per una nuova Italia, per l’altra Italia, nel contesto europeo e globale. Tale lavoro di tessitura, infatti, per come lo immagino io, vedrebbe un momento decisivo nell’imminente voto britannico e nella probabile affermazione del Labour.

Insomma, è la dimensione, ben nota agli studiosi, del glocal: l’intreccio inestricabile e potenzialmente virtuoso tra “locale” e “globale” che caratterizza il nostro tempo. Una leva anche per la sinistra, come dimostra la vicenda di Sadiq Khan, il sindaco di Londra: un leader globale, in realtà.

Concludo citando una frase dagli atti del Convegno di Mezzano Inferiore (Parma) Un socialismo possibile del maggio 1997, di cui risuona tutta l’attualità, a dispetto degli anni-secoli di distanza. Uno di quegli eventi ai quali Mezzetti è avvezzo: “Il documento conclusivo del Convegno 1991 (Edificare la società giusta; relazioni di Paolo Ricca e Giorgio Spini) prende atto dei “grandi cambiamenti sia di ordine storico-politico, sia di ordine culturale” e sostiene non essere “azzardato parlare di tempo post-comunista post-cristiano“.

Specifica però che questo “non autorizza a decretare né la fine del cristianesimo: è nelle cose la questione di Dio e del suo Regno; né la vittoria storica del capitalismo: resta tuttora aperta e anzi si pone con crescente urgenza la questione della società giusta”. A tutti i livelli.

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