di Dario Parrini
Per il Pd toscano è tempo di tracciare, a partire dalle indicazioni sicuramente appropriate che avanzerà il segretario Simona Bonafè, una tabella di marcia su quali scelte fare, e su come e quando farle, in vista delle elezioni regionali del prossimo anno.
Personalmente, al pari di Dario Nardella, ritengo che occorra decidere, tutti insieme, che è massimamente importante far presto.
Le sfide elettorali nei comuni hanno dimostrato, per l’ennesima volta, che i tempi delle decisioni, e il grado di coesione con cui ad esse si perviene, sono fattori cruciali.
E che altrettanto cruciale, anzi una vera e propria marcia in più, è il patrimonio di pragmatismo e di vicinanza alle persone di cui sono depositari gli amministratori locali.
In relazione alla Toscana, penso che entro l’autunno il Pd e i suoi alleati dovranno mettere in campo, nell’ordine, un programma ambizioso, una coalizione, una candidatura a Presidente.
La questione della coalizione è essenziale. A me pare cosa pacifica che si debba provare a costruirne una, all’interno della quale il Pd eserciti con spirito inclusivo e senza pretese di autosufficienza i suoi diritti e doveri di partito largamente maggioritario e imprescindibile.
Ci si intenda però in partenza su un punto di fondo: che tipo di coalizione ci serve? Una coalizione di programma o una coalizione-cartello?
Auspico che a questo interrogativo si risponda senza ambiguità: il Pd, che è un partito di centrosinistra senza trattino, e che per sua natura deve guardare sia a sinistra che al centro e alle realtà civiche più vitali, è chiamato a promuovere, per il bene della Toscana, l’alleanza più ampia possibile tra quelle compatibili con un programma di governo coerente, che parli una sola lingua sulle materie che più stanno a cuore ai cittadini: le infrastrutture, i servizi pubblici locali, l’ambiente, la sanità e il sociale, il sostegno agli investimenti produttivi. la lotta al disagio socio-economico, la sicurezza.
Del resto le coalizioni-cartello, quale per esempio fu a livello nazionale l’infelicissima Unione prodiana del 2006, si portano dietro una babele programmatica che rapidamente le paralizza e infine le fa fallire.
Si lavori quindi da subito a un’alleanza di programma, aperta e credibile. Quanto alla scelta delle persone, non posso che sperare che ci assista la consapevolezza che nessun sistema, le primarie o qualsiasi altro, va di per sé esaltato o demonizzato (e anche su questo concordo con il sindaco di Firenze).
L’esperienza fin qui maturata ci insegna infatti che i gruppi dirigenti vincono o perdono non a seconda del meccanismo di selezione delle candidature che adottano, bensì per la dose di unitarietà e di senso di responsabilità che sanno riversare nelle loro decisioni.