di Claudia Mancina
Non ho mai condiviso il mito dell’unità, che mi pare un residuo (e non dei migliori) della politica del Pci, ovvero del centralismo democratico. Che poi consisteva nel mettere sotto il tappeto le differenze di visione che ovviamente c’erano, e contavano. In tutti i grandi partiti ci sono diversi modi di interpretare i principi e gli obiettivi comuni. In tutti i grandi partiti della sinistra c’è sempre stata una parte più “a sinistra” e una più “al centro”; una più statalista e una più liberaldemocratica. La competizione interna, ma anche la complementarità, tra queste due anime ha consentito ai partiti socialisti di essere protagonisti del Novecento. Non è dunque per amore dell’unità che considero profondamente sbagliata l’uscita di Renzi dal Pdi.
La crisi dei partiti socialisti in Europa
Ma per ragioni strettamente politiche. Oggi i partiti socialisti vivono una grave crisi in tutta Europa. Questa crisi generale dimostra che le vecchie categorie non funzionano più per capire il mondo di oggi e che ci vuole una riflessione nuova. Il rischio che corriamo nel Pd è che, in mancanza di questa riflessione, ci sia un comodo e quasi inevitabile smottamento verso una generica sinistra, tale da inglobare da Leu a parte dei 5stelle, che sarebbe inesorabilmente minoritaria, in un paese che – come gli altri – è attraversato da forti spinte di destra, che andrebbero affrontate con idee e politiche nuove. La soluzione, secondo Renzi, è abbandonare il Pd al suo destino e fare un partito autenticamente liberaldemocratico, capace di attrarre voti provenienti dal centro e magari dalla destra moderata.
Il problema del centro
Il problema del centro agita la politica italiana sin dalla fine della Dc; quanti partiti sono nati per occupare questo posto mitico, questa specie di fata Morgana che scompare sempre dietro i suoi miraggi? Nessuno ha avuto successo, purtroppo; ed è una cosa su cui si dovrebbe riflettere. Così come si dovrebbe riflettere sul poco successo che hanno sempre avuto le scissioni, con due sole eccezioni: quella di Livorno, che aveva dietro la rivoluzione bolscevica, e quella di palazzo Barberini, che aveva dietro gli Stati Uniti. Altro che il canto di Bandiera Rossa… Hanno avuto invece successo i partiti di centrodestra e di centrosinistra: soprattutto Berlusconi, ovviamente, ma anche il Pd quando ha saputo fare il suo mestiere. Il centro non è un luogo fisico, nemmeno un luogo politico, ma è un modo diverso di essere di sinistra o di destra. I voti del centro li conquisterà chi sarà capace di attirarli dentro un progetto ampio, che contiene in sé la sinistra e il centro (oppure la destra e il centro). Questa è la sfida del mondo di oggi e questi sono i partiti che hanno vinto e vincono nel mondo di oggi. Anche Macron non è semplicemente di centro, ma ha raccolto l’eredità del Ps in una sintesi nuova.
La vera questione è il Pd
Allora la questione è il Pd. E’ nel Pd che va condotta la battaglia per una nuova identità di centrosinistra, capace di superare definitivamente lo statalismo e l’assistenzialismo, di far proprio sino in fondo l’obiettivo della crescita e della produttività, di parlare ai lavoratori (che da tempo votano Lega) e agli imprenditori, ai ceti più innovatori e a quelli rimasti indietro, ai forti e ai deboli, costruendo finamente quella base sociale che da troppo tempo manca a questo partito – come a tutti i partiti del socialismo europeo. Costruire, insomma, una sinistra riformista e liberale. Come altri hanno ricordato, da Morando e Tonini a Petruccioli, a Ceccanti, a Romano, il Pd è nato per questo, nella convinzione che solo l’unione di diversi riformismi potesse consentire di elaborare un progetto nuovo capace di raggiungere una maggioranza di consensi nel paese.
La scissione è un passo verso il passato
La scissione di Renzi non è un passo verso il futuro, ma verso il passato: un passo che rinuncia alla grande ambizione da cui il Pd è nato, sostituendo alla vocazione maggioritaria una autentica vocazione minoritaria. Siamo consapevoli delle debolezze del Pd, ma affiancare a questo un altro partito più orientato al centro non è una soluzione. Né accetteremo l’idea che il Pd è ormai definitivamente scivolato verso una sinistra tradizionale. La battaglia per una sinistra riformista e liberale continuerà più forte che mai, dentro il Pd, nella convinzione che questo è il luogo in cui si trovano le energie per farla.
Già docente di Etica all’Università “La Sapienza” di Roma, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Deputato dal 1992 al 1994 e dal 1996 al 2001 nel gruppo Pds/Ds, è membro della direzione nazionale del Partito democratico. Il suo ultimo libro è “Berlinguer in questione” (Laterza, 2014)
Non accetteremo l’idea che il PD sia definitivamente scivolato verso un’idea di sinistra tradizionale e (aggiungo) anche un po’ VETERO comunista …
Dimostratelo!