Molti attori politici e molti commentatori vivono ancora nell’illusione che l’Italia sia isolata o isolabile dal contesto europeo ed occidentale nel quale è stabilmente inserita dal dopoguerra ad oggi. L’approvazione del disegno di legge c.d. Cirinnà (“proposta di legge recante regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) segna semplicemente un adeguamento – parziale e tardivo quanto si voglia, ma pur sempre uno storico adeguamento – della nostra legislazione agli standard delle democrazie moderne con le quali siamo e saremo sempre di più chiamati a convivere e misurarci.
Il compromesso approvato oggi è l’unico raggiungibile all’interno dell’attuale maggioranza di governo, stante l’indisponibilità delle opposizioni ad essere partecipi di questo adeguamento.
Se l’effettiva portata ed i limiti di questo adeguamento saranno sperimentati in primis dagli italiani che faranno ricorso alla nuova legislazione, una considerazione “a latere” e politica è però doverosa: c’è da augurarsi che il rocambolesco iter parlamentare che ha portato all’approvazione del disegno di legge Cirinnà in versione compromissoria sia una delle ultime, pessime, performance del nostro bicameralismo paritario, in cui il rimpallo irrazionale tra Camera e Senato è stato spesso segnato da revisioni al ribasso di riforme auspicate dalla maggioranza dei cittadini.
Da domani, quindi, ci ritroveremo semplicemente più civili, sperando di esserlo ancor più a partire da ottobre.
Direttore di Libertàeguale. Lavora per un importante gruppo bancario italiano, ha collaborato a progetti del gruppo Reti nell’ambito della comunicazione e delle relazioni istituzionali ed è stato vicepresidente nazionale della Fuci. Twitter: @marcomartorelli