di Gianluigi Leto
Le dichiarazioni di Cantone sul decreto-legge n. 109 del 2018 hanno solleticato il mio interesse, e credo anche il vostro. I servizi televisivi hanno puntato l’attenzione sulla sottrazione delle future procedure commissariali alla normativa antimafia, ma credo che il parere ANAC sollevi più di un problema, e soprattutto lasci trasparire forti perplessità sull’impianto stesso del decreto legge n.109 del 2018, almeno con riguardo all’articolo 1 esaminato da ANAC.
Le norme sono state redatte con buona tecnica legislativa, al contrario di come era stata scritta la disposizione sul bando periferie, ma è il loro contenuto ad essere impreciso ed a portare ad una loro difficile, se non impossibile, applicazione. Le disposizioni sono scritte bene, come dicevo, ma ad esempio i commi 5 e 7 dell’articolo 1 non hanno il medesimo ambito di riferimento così da creare già incertezza. Il comma 5 indica le tipologie dei lavori che potranno essere sottratti ai vincoli normativi, ma tra questi non rientrano quelli relativi al sistema viario.
Il comma 7 fa, invece, riferimento solo ai lavori per il ripristino del sistema viario, indicando la procedura da seguire negli affidamenti e per essi vi è il divieto di affidamento alle concessionarie autostradali che, quindi, in via di ipotesi, potrebbero essere incaricate dei lavori di cui al comma 5. Una contraddizione interna al testo che non si spiega.
Si parla genericamente di rispetto dei vincoli europei senza meglio individuarli: Cantone segnala che le direttive europee sulla concorrenza ed in materia ambientale (sugli appalti e sui rifiuti, quindi) sono applicabili a prescindere dalle previsioni nazionali in argomento. Quindi, visto che le direttive europee devono ritenersi vigenti e vincolanti, quali indicazioni reca il decreto al commissario per la ricostruzione?
Varie dichiarazioni riportavano ipotesi di consorzi di società pubbliche ma nel decreto non se ne trova traccia né vengono formulate altre ipotesi.
Il parere di ANAC lo dice espressamente: il commissario non ha un quadro giuridico certo su cui basare le proprie decisioni ed il decreto n. 109 lo espone ad un forte rischio contenzioso.
A dir la verità, l’incertezza non reca solo contenziosi ma anche lentezze nelle procedure che dovranno necessariamente sottoporsi a verifiche e controlli, al fine di non commettere errori ed evitare responsabilità erariali. Le previsioni del decreto anziché accelerare i procedimenti li mortificheranno, quindi, rallentandoli, nonostante le amplissime deroghe.
Il decreto-legge non raggiunge il proprio obiettivo: attribuzione al commissario di poteri certi di deroga alle procedure ordinarie.
L’unica preoccupazione del governo è stata, in realtà, quella di porre due divieti: il primo divieto è alla società Autostrade di procedere alla ricostruzione del ponte, nonostante esista un contratto in proposito ancora efficace, visto che la concessione autostradale non è stata ancora revocata; il secondo divieto concerne gli affidamenti alle concessionarie autostradali – tutte, e non solo Autostrade, – loro partecipate, collegate e controllate.
Quindi, nessuna chiarezza sul quadro normativo se non due precisi divieti di discussa legittimità: nel primo caso, il legislatore interviene su un contratto in corso; nel secondo caso, sono sanzionate società diverse da Autostrade, senza che si possa imputare ad esse alcuna “colpa” e responsabilità.
Di queste ore è la notizia che Autostrade ha presentato il progetto di competenza per la ricostruzione del ponte: si preannuncia battaglia. Il divieto posto dal decreto-legge non è legittimo così come la richiesta ad Autostrade delle risorse necessarie alla ricostruzione senza che si preveda la conseguente procedura di riscossione, in caso di mancato versamento. Si stabilisce, invece, tutto un articolato procedimento per il rinvenimento delle risorse, in luogo della concessionaria autostradale.
Il commissario dovrebbe individuare il soggetto in grado di erogare le risorse necessarie: una procedura davvero inedita. Di tutto questo Cantone non ha parlato, perché non rientrerebbe tra le proprie competenze, esprimendo comunque perplessità sul comma 6.
Ferme tutte le obiezioni, quello che personalmente colgo è che con un decreto siffatto, nella incertezza su quale scelta compiere, consorzio sì, consorzio no, il governo alla fine ha solo voluto scaricare le proprie responsabilità sulle spalle del commissario straordinario.
In apparenza, il governo ha dato mano libera, svincolando il commissario da ogni legge extrapenale, nel contempo, non costruendo un quadro normativo certo, con riferimenti chiari alle disposizioni derogate, lo ha lasciato nella piena incertezza circa le procedure da seguire. Il governo si è solo preoccupato di disporre divieti in ordine agli affidamenti alle concessionarie autostradali ed alle società da queste partecipate o controllate.
Il decreto-legge su Genova manifesta senza dubbio l’impotenza cognitiva (ed anche politica) del governo e la continua necessità di individuare colpevoli: poteri in deroga praticamente a tutto – anche alla normativa antimafia – salvo due divieti a soggetti che dal decreto vengono ben individuati.
A parte la legittimità dei divieti e la genericità della normativa sui poteri commissariali che proprio perché straordinari dovrebbero essere ben definiti e circoscritti, del decreto resta solo l’individuazione, per legge, di un capro espiatorio, per quanto non ne siano state accertate le responsabilità.
Un editto, quindi, contro le concessionarie autostradali e non una legge a favore dei genovesi: ecco il decreto per la ricostruzione del viadotto in Valpolcevera.
Esperto di Diritto Amministrativo, investigatore nelle istituzioni, amante della trasparenza e della legalità, disvelatore delle menzogne populiste