di Stefano Ceccanti
Letture semplicistiche sul congresso Pd: ma chi l’ha detto che le primarie non saranno decisive?
Si è diffusa quasi senza repliche una tesi semplicistica, quella secondo cui le primarie non sarebbero risolutive.
Il congresso Pd ha infatti tre turni.
1. Il primo tra gli iscritti che, in sostanza, seleziona tre candidati (sarebbe leggermente più complicato, ma in sostanza è così. Al momento ci sono 6-7 candidati probabili, di cui due nettamente più forti (Zingaretti e Minniti), un terzo consistente (Martina) e gli altri minoritari.
2. Il secondo vede confrontarsi i primi 3 nella primaria aperta. Se uno prende più del 50% vince.
3. Altrimenti si passa ad un terzo turno (eventuale): lo spareggio tra i primi due in Assemblea, tra gli eletti nelle liste delle primarie apparentati ai candidati.
Ora il punto è questo: se – con tutta probabilità – tra gli iscritti nessuno arriva al 50% perché i candidati sono 6-7, quando ci si restringe a 3 ma i primi 2 sono nettamente in testa, l’elettore è spinto a dare un voto decisivo e utile proprio tra i primi 2.
Quindi la possibilità che il primo vinca direttamente è molto alta ed è quello che non casualmente sin qui è sempre accaduto.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.